Il brand journalism è uno strumento di comunicazione aziendale che fonde le tecniche del giornalismo e i principi del marketing: ecco come funziona e perché è vantaggioso
Il brand journalism, o giornalismo d impresa, è una forma di comunicazione aziendale che unisce le tecniche giornalistiche a quelle del marketing per raccontare il mondo attraverso la lente del brand stesso. Può essere considerato una strategia di comunicazione vera e propria, che tuttavia al contempo si pone l’obiettivo di informare gli utenti rispettando i criteri della professione giornalistica.
In un mondo sempre più complesso e in un mercato del lavoro sempre più competitivo, la classica pubblicità difficilmente riesce a conquistare nuove fasce di pubblico, specialmente in ambito giovanile. Le stesse strategie di marketing sono ormai facilmente riconoscibili dagli utenti più esperti e preparati. Il brand journalism è un metodo trasversale, relativamente recente, che non tenta di ingannare chi legge, in quanto è dichiaratamente uno strumento di comunicazione aziendale, ma che tuttavia risulta spesso molto più interessante e coinvolgente di altri linguaggi.
Brand journalism cos’è
Il brand journalism è il racconto del brand attraverso gli strumenti del giornalismo e dell’informazione, e allo stesso tempo è il racconto del mondo attraverso il filtro del brand. Lo strumento tipico del brand journalism è il brand magazine online (talvolta anche cartaceo) che si rivolge al pubblico di riferimento e a nuovi potenziali clienti. Il brand journalism offre informazioni, articoli di attualità, interviste, reportage su tematiche inerenti al settore al quale appartiene il brand. Non è mai però il brand a prendere la parola. Come in una “normale” rivista, si sviluppano delle notizie e degli approfondimenti cercando fonti autorevoli in materia o riportando aggiornamenti d’interesse comune per chi segue un determinato settore.
Perché le aziende lo scelgono
E perché mai un’azienda dovrebbe investire tempo e risorse per informare il pubblico? Non è forse questo il compito delle società editoriali? Non esattamente: “Every company is a media company”, diceva Tom Foremski, uno dei primi giornalisti a lasciare un importante quotidiano, il Financial Times, per diventare blogger a tempo pieno. Ciò significa che qualunque cosa un’azienda fa o non fa diventa un’informazione diretta all’esterno e che, dunque, ogni azienda deve trovare il modo di raccontarsi. Altrimenti saranno altri a farlo.
Il brand journalism racconta il mondo che ruota attorno al brand, trasmettendo così in modo implicito un’immagine del brand stesso, rafforzandone la conoscenza. Il brand acquisisce autorevolezza, diventa un punto di riferimento in quanto, anziché limitarsi a promuovere i propri prodotti, offre un servizio, proponendo contenuti e informazioni di qualità. In questo modo si rafforza la fidelizzazione dei clienti già acquisiti, si facilita l’acquisizione di nuovi clienti e diventa più facile stringere rapporti con gli stakeholder. Tutte azioni che consentono al business di crescere.
Origine del brand journalism
Il brand journalism è stato ideato nel 2004 da Larry Light, allora Chief Marketing Officer di McDonald’s. In quel periodo, l’azienda stava attraversando un momento difficile a causa di una scarsa credibilità del marchio. Era chiaro che né la classica pubblicità, né altre strategie di marketing, avrebbero potuto ribaltare la situazione. L’obiettivo identificato da Light era quello di spostarsi sulla narrazione della storia e dei valori del brand, coinvolgendo i clienti in quella che di fatto è – come lo è per tutte le aziende – una cronaca, una storia con un inizio, uno svolgimento, dei protagonisti. Come afferma lo stesso Light, “Il brand journalism è la cronaca degli eventi che accadono nel mondo di un brand, attraverso i giorni e gli anni. É così che creiamo per il brand un reale valore percepito dal cliente.”
Giornalismo o storytelling?
Spiegato in questi termini il brand journalism potrebbe sembrare molto simile allo storytelling. Infatti lo è. Però il brand journalism non racconta tanto il brand, quanto il settore o argomenti ad esso legati, e lo fa da diversi punti di vista. Nello storytelling è l’azienda che parla, che si presenta ai clienti attraverso le persone che ne fanno parte. Nel brand journalism si parla di qualcosa che riguarda anche l’azienda, non dell’azienda. Inoltre, si utilizzano gli strumenti tipici del giornalismo: raccolta dei dati e delle fonti, interviste, reportage. Anche il linguaggio è quello giornalistico, volto ad informare, non a suscitare emozioni come invece fa lo storytelling.
Brand journalism vs. content marketing
Un altro “parente” abbastanza prossimo del brand journalism è il content marketing. Anche qui troviamo sicuramente dei punti in comune, in quanto siamo sempre nell’ambito della comunicazione aziendale e della promozione del brand. Tuttavia, il content marketing rimane, ancora una volta, emanazione del punto di vista dell’azienda. Certo, è possibile inserire nel proprio piano editoriale dei contenuti esterni, ma non parliamo comunque di giornalismo. L’obiettivo primo del content marketing è acquisire nuovi clienti, portare le persone a compiere un’azione. L’obiettivo primo del brand journalism è informare le persone.
Come diventare brand journalist
Diversi giornalisti stanno iniziando ad orientarsi verso il brand journalism perché è un settore in crescita che consente spesso più libertà d’azione e soprattutto permette a chi ha seguito questo percorso di svolgere un lavoro molto simile a quello del giornalismo puro, che oggi attraversa un periodo di crisi e all’interno del quale non è facile costruire una carriera. Una formazione di base come giornalista è un requisito dunque indispensabile. In alcuni casi, se il brand pubblica una testata regolarmente iscritta al Tribunale, può essere richiesta anche l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti (questo vale per il direttore del giornale).
Oltre a ciò, il brand journalist deve però possedere delle competenze anche nel campo del marketing. Occorre avere in mente che, comunque, siamo nell’ambito della comunicazione aziendale. Dunque bisogna conoscere a fondo l’azienda per la quale si lavora e dialogare con il reparto marketing della stessa, in modo da offrire una comunicazione e un’immagine coerente e coordinata.
Esempi di brand journalism
Oggi possiamo trovare diversi esempi di brand journalism molto ben fatti ed interessanti, all’estero così come in Italia. Uno di questi è il magazine Innesti, realizzato da Caviro, azienda vitivinicola romagnola diventata la più grande Cantina d’Italia e la prima per volumi di vino prodotti. Innesti – Storie di sostenibilità è un magazine trimestrale che, si legge, “raccoglie voci e stimoli per coltivare un futuro sostenibile”. Innesti propone contenuti d’interesse non solo per chi lavora nel mondo del vino, ma per chiunque abbia a cuore le tematiche legate alla sostenibilità ambientale.
Gli articoli – lunghi e approfonditi, corredati da molte immagini e firmati da nomi importanti e autorevoli nei rispettivi ambiti – si dividono in quattro categorie: natura e ambiente, cibo e dintorni, cultura e urbana, storie di vita. Ogni numero del magazine ha poi un tema portante: rigenerazione, identità, itinerari, connessioni, educazione, limiti sono alcuni dei più recenti. Di fatto, è un vero e proprio magazine di attualità, molto curato, con contenuti originali, attraverso i quali trapela l’impegno di Caviro per la sostenibilità.
Qualche altro esempio? Centodieci, il primo brand magazine nato nel in Italia ad opera del Gruppo Mediolanum, in cui si parla di arte, cultura e innovazione. “Cose molto elettrificate” di Gianpiero Kesten, un podcast in 5 puntate a cura di Enel (il podcast è un altro canale molto interessante per il brand journalism). O ancora RedBull Tv, una piattaforma on-demand con contenuti audiovisivi dedicata agli sport estremi, ambito con il quale ormai da tempo il brand si identifica; la community Mommypedia a cura di Prénatal e la serie di documentari Fishpeople di Patagonia.