Aldo Agostinelli

Inserire gli advergame nella propria strategia di marketing e comunicazione consente di stimolare un maggiore coinvolgimento da parte degli utenti, facilitando la memorizzazione del brand

Gli advergame sono un esito del processo di gamification in corso già da anni nel digital marketing. Si tratta di messaggi pubblicitari veicolati attraverso veri e propri giochi. Utilizzarli come parte integrante della propria strategia di comunicazione può essere una scelta vincente. Infatti, oggi ormai le persone sono assuefatte alla pubblicità tradizionale, e tendono ad ignorarla. Difficilmente un messaggio comunicato così com’è entra nella mente di chi ascolta o legge e lo colpisce. Occorre trovare nuovi metodi per raggiugere i propri obiettivi di marketing e rafforzare la brand awareness. Vediamo perché gli advergame possono essere la soluzione giusta.

Che cosa sono

Gli advergame sono pubblicità sotto forma di gioco. Infatti, il termine è un acronimo tra le parole advertising (pubblicità) e game (gioco). Parliamo prevalentemente di giochi accessibili o scaricabili tramite web, anche se, come vedremo, l’origine degli advergame è ben più lontana dell’avvento di Internet. Gli advergame sono efficaci perché attivano l’utente e lo coinvolgono in prima persona. In questo modo il brand viene associato all’attività ludica e rimane molto più impresso nella mente. Per questo sono particolarmente funzionali al momento del lancio di nuovi prodotti. Inoltre, questa tipologia di pubblicità consente di incrementare il traffico sui siti web, aumenta l’efficacia delle azioni di comunicazione, aiuta a fidelizzare il target di riferimento e a raggiungere una più ampia fascia di potenziali clienti.

Origine degli advergame

Fu il creativo e designer Anthony Giallourakis a coniare il termine advergame nel 2000. Tuttavia, per trovare le prime tracce del primo advergame, anche se ancora non si chiamava così, dobbiamo andare ben più indietro nel tempo. Era infatti il 1983 quando CocaCola sviluppò “Pepsi Invaders”, un videogioco per Atari 2600 distribuito in cartucce nel quale i nemici erano le lettere della scritta Pepsi, rivale numero uno della CocaCola. Il primo advergame su web risale invece – pare – al 1998, quando Dan Ferguson e Mike Bielinski diffusero un videogioco via e-mail che aveva come protagonista l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Un’operazione che divenne virale e che permise ai due ragazzi approdare alla Nokia.

Il primo “gioco pubblicitario” italiano è invece “Cocco Game”, un platform a scorrimento orizzontale in 2D commissionato dalla Ferrero ad Artematica nel 1999 e diffuso in allegato al fumetto Topolino. Il successo dell’operazione portò al sequel  “Fresh Adventures” e alla campagna di markting “Magic Kinder”, che prevedeva l’inserimento di un codice dentro le Kinder Sopresa tramite il quale accedere ad un gioco online e ad un concorso a premi. Dal 2010 in avanti gli advergame si sono evoluti grazie a nuove tecnologie come la realtà virtuale, la realtà aumentata, i QR code, che hanno consentito di trasferire gli advergame su mobile e di utilizzare come “piattaforme” le stesse confezioni dei prodotti.

Advergame esempi e tipologie

Esistono diversi tipi di advergame. Vediamo i principali.

Advergame associativi. Questa tipologia è la più semplice e consiste nel collegare il brand o prodotto a un’attività messa in atto nel gioco, ad uno stile di vita o a un ambiente particolare. Ad esempio una partita di calcio dove, ai bordi del campo, compaiono i cartelloni pubblicitari del brand.  Nel gioco “Real Pool”, il logo Jack Daniel’s era ben visibile agli occhi degli utenti: in questo modo si crea un’associazione nella mente di chi gioca.

Advergame illustrativi. Qui il prodotto è al centro del gioco. Può essere l’oggetto da trovare o da usare per raggiungere un obiettivo. Il classico esempio è “Flip the Mix”, advergame di M&M’s del 2002 nel quale l’utente deve ordinare in file e colonne i confetti di cioccolato. Una variante di questa tipologia è rappresentata dagli advergame a obiettivo nei quali il prodotto è l’esito finale del gioco, che si raggiunge ad esempio entrando in un punto vendita virtuale o costruendo un puzzle.

Advergame dimostrativi. Questa tipologia prevede un alto livello d’integrazione e di interattività: l’utente può arrivare infatti a “provare” il prodotto virtualmente. Ad esempio, l’advergame 3D di Nike “Vince Carter” consente all’utente di assumere il ruolo del campione di basket per “sperimentare” le scarpe Nike direttamente sul campo. Questa categoria è la più sofisticata e incisiva, ma anche la più costosa da realizzare.

Aldo Agostinelli