La realtà virtuale è un vero e proprio mondo alternativo a quello fisico nel quale viviamo, che apre incredibili scenari in ambiti importanti come quello della sanità, e non solo
Dall’alba dei tempi, l’uomo ha sempre amato immergersi in realtà alternative, in un mondo virtuale, a metà tra il sogno e la veglia, attraverso l’immaginazione. Sin da bambini, con gli occhi della fantasia, costruiamo mondi complessi , e da adulti ci figuriamo scenari continuamente, dai più spaventosi ai più piacevoli. Forse è proprio per questo che ci affascina così tanto la realtà virtuale, o Virtual Reality o più brevemente VR. Oggi infatti, grazie ai progressi della tecnologia, possiamo accedere, attraverso un apposito visore, ad un mondo digitale a tre dimensioni, perfettamente architettato per farci ottenere una percezione fisica estremamente verosimile degli ambienti virtuali in cui ci troviamo.
Con i piedi piantati nel mondo reale, la nostra mente e le nostre emozioni sono invece trasportati in un altrove che travalica ogni barriera geografica o ogni illogicità temporale. Il tutto in tempo reale.
Che differenza c’è tra realtà aumentata e realtà virtuale?
La realtà virtuale è diversa dal concetto di realtà aumentata, dove abbiamo un dispositivo che ci permette di avere informazioni aggiuntive se “puntato” sul mondo che ci circonda, utilizzando il principio dell’overlay, quello che tutti conosciamo quando puntiamo la macchina fotografica sul soggetto che vogliamo immortalare e il dispositivo “legge” la scena.
Con la VR non abbiamo più informazioni sull’ambiente reale che ci circonda, ma il nostro mondo è completamente trasfigurato, riscritto. Ogni ambientazione può essere creata ad hoc. Diventa quindi possibile provare a camminare per una strada trafficata dell’antica Roma, oppure trovarsi in mezzo al circolo sanguigno del corpo umano per carpirne i meccanismi e le meravigliose dinamiche.
Chi ha inventato la realtà virtuale?
Alla fine degli anni Sessanta, lo statunitense Kruger coniò il termine “realtà artificiale”. Nel 1989 il filosofo e futurista Jaron Lanier propose l’attuale “realtà virtuale”. Le primissime mosse in questo ambito riguardavano le illusioni ottiche e l’utilizzo di stetoscopi via via sempre più sofisticati, che permettevano di dare tridimensionalità a immagini piatte. Nel 1957 arrivò il Sensorama, primo cinema 5D compatto, grazie al genio di Morton Hielig.
Il dispositivo dava dinamicità all’immagine tridimensionale, e non solo: si trattava di un macchinario grande come un frigorifero, che permetteva all’utilizzatore non solo di vedere l’immagine 3D sullo schermo, ma di provare sensazioni fisiche (il sedile vibrava, veniva soffiata dell’aria, erano vaporizzati profumi). Nel 1966 Ivan Sutherland, un pioniere della computer grafica, progetta un marchingegno chiamato “The ultimate display”: si tratta di quello che oggi tutti considerano il primo visore di realtà virtuale.
Cosa si può fare con la realtà virtuale?
E oggi? Quali sono le più recenti applicazioni della realtà virtuale? La realtà virtuale naviga ancora in un limbo caratterizzato da aspetti prettamente ludici (basti pensare ai videogiochi o al cinema). È notizia recente l’apertura, a Milano, del primo cinema d’Italia con una sala con VR. Si tratta del cinema Anteo di piazza XXV aprile, dove è stato inaugurato Anteo Rai Cinema Spazio realtà virtuale, una sala con venti sedute comprensive di visori vr e cuffie che permettono un’esperienza coinvolgente. I primi contenuti in realtà virtuale sono coprodotti con Rai Cinema: il documentario Lockdown 2020 – L’Italia invisibile, La Divina Commedia Vr – Inferno e Vulcano – La vita che dorme, che mostra l’eruzione del vulcano islandese Fagradalsfjall dopo 800 anni di “letargo”.
Realtà virtuale e didattica
Oltre a cinema e videogiochi, negli ultimi tempi l’interesse per la realtà virtuale sta crescendo a dismisura per via delle potenzialità intraviste nel mezzo. Uno degli ambiti più promettenti è quello scolastico. Notizia recente è quella che riguarda la scuola inglese Reddam House School, che ha varato un ciclo di studi dove le materie saranno approfondite grazie alla tecnologia della realtà virtuale.
Gli studenti saranno dotati di visori che gli permetteranno di immergersi nel metaverso e fare esperienze immersive ed educative, che tendono a favorire la memorizzazione. Nel metaverso esiste una versione digitale della scuola, frequentato da studenti che si collegano da tanti stati diversi per assistere alle lezioni. Infatti anche il concetto di orari e lezioni in presenza è agevolato dalla realtà virtuale. L’utilizzo massivo della tecnologia prepara indirettamente i ragazzi al mondo del lavoro, dove sarà loro sempre più richiesto di padroneggiare ogni strumento tecnologico.
L’ambito cognitivo
Dai giovanissimi passiamo agli anziani: la realtà virtuale infatti può essere messa al servizio della salute e del benessere di chi è alle prese dei primi sintomi di decadimento cognitivo, come dimostra uno studio condotto dalla ricercatrice Susanna Pardini dell’Università di Padova. È stato da poco pubblicato uno studio intitolato “Utilizzo di ambienti personalizzati virtuali in persone con deterioramente cognitivo” che ha coinvolto una ventina di anziani nei primi mesi del 2023.
Queste persone sono spesso impossibilitate a lasciare le loro abitazioni in quanto hanno problemi di deambulazione. I primi risultati indicano che l’esposizione a scenari immersivi di natura (potevano scegliere tra montagna, campagna, mare, e personalizzare i colori degli elementi naturali come acqua e cielo, aggiungere o meno animali…) ha un impatto promettente sulle emozioni e sul rilassamento. La gestione dell’ansia in questi pazienti è una sfida molto difficile da vincere e questi risultati sono davvero incoraggianti.
La sanità
Per restare in tema possiamo esplorare le promettenti applicazioni della realtà virtuale in sanità. Grazie a questa tecnologia è possibile infatti trasportare gli utenti in ambienti di simulazione realistici ma protetti, dove frequentare corsi o immaginare una situazione di emergenza sanitaria.
Non solo i professionisti della sanità, ma anche il paziente in prima persona può beneficiare della realtà virtuale, come visto nello studio appena citato. Un esempio in cui la virtual reality può risultare determinante è quello della exposure therapy, ossia un approccio psicoterapeutico che trova applicazione nel trattamento delle fobie o del PTSD (post traumatic stress disorder), così come nelle dipendenze, nell’ansia o nella depressione.
Un aspetto davvero interessante è l’effetto della VR sulla neuroplasticità; sembra infatti che sia in grado di mobilitare riserve cognitive che sono quelle che permettono la riabilitazione fisica e il “ri-apprendimento” di abilità motorie o comportamentali. Siamo ancora in fase embrionale di queste applicazioni, un po’ per via degli alti costi della strumentazione e un po’ perché il mercato è ancora poco organizzato e strutturato. I clinici in primis si dimostrano ancora diffidenti, anche perché le valutazioni cliniche nel mondo reale mancano. Tuttavia, le basi per questi sviluppi sono state gettate: si tratta di attenere e osservare cosa accadrà nei prossimi anni.