Aldo Agostinelli

La gamification è un processo strategico che può essere applicato con successo nel marketing, e non solo: ecco in che cosa consiste e come utilizzarlo

Iniziamo subito con una definizione del termine in oggetto: cosa significa gamification? In italiano può essere tradotto con ludicizzazione, che se possibile suona ancora peggio. Se lo dovessimo immaginare, potremmo pensare a un movimento vivace, un guizzo di colore che rende anche i processi più noiosi un divertimento, una sfida. Gamification infatti significa rendere simile a un gioco lo svolgimento di un’attività, grazie all’uso di elementi del game-design.

Questo può voler dire inserire un po’ di competizione, oppure un sistema di premi quando si raggiunge un obiettivo, anche in contesti che tradizionalmente non sono pensati come sfide, per esempio la gestione delle risorse umane o la formazione. La gamification permette di rendere coinvolgenti e divertenti alcune delle fasi che più facilmente mancano di ancorare a sé l’utente, nel caso del marketing, ma lo vedremo più nel dettaglio qualche riga più sotto. Ma vediamo più nel dettaglio cos è la gamification e come sfruttarla per migliorare il proprio business.

Che cosa si intende per gamification?

Due esempi utili a chiarire il concetto sono da una parte la Lotteria degli scontrini, lanciata dallo Stato per incentivare l’uso del pagamento elettronico, e dall’altra la gamificazione del lavoro, con Microsoft che ha visto aumentare le performance dei suoi dipendenti dopo aver introdotto logiche del gioco, con ricompense e premi in real time nell’assistenza ai clienti.

Ancora, pensiamo a tutte quelle app (solitamente di marchi di abbigliamento sportivo) che invogliano l’utente a uscire di casa e a camminare o ad avere comportamenti attivi per guadagnare crediti o addirittura denaro. Anche un elemento piccolo e di uso comune come una “barra di avanzamento” all’interno di un’app può aiutare a stuzzicare lo spirito di competizione di ognuno di noi. Pensiamo a Booking e alla sua barra dei livelli del programma Genius, che ricompensa l’utente che utilizza l’applicazione con sconti sulle tariffe degli alloggi.

Principi alla base della gamification

L’istinto al gioco è un impulso fortissimo e innato, come lo sono altre motivazioni intrinseche. Questo avviene non solo negli esseri umani ma in tutti i mammiferi: quando si trovano in un ambiente rilassato o con un basso livello di stress, esseri umani e animali tendono a giocare. Qual è il suo ruolo evolutivo? Possiamo affermare con tranquillità che, attraverso il gioco, si apprendono e si affinino abilità sociali e non sociali.

Certamente durante il gioco l’organismo secerne oppiodi endogeni, dopamina e endocannabinoidi, tutte sostanze che ci fanno stare bene. Attraverso il gioco le persone provano emozioni, si sentono motivate, creano amicizie e perdono la cognizione del tempo. Si tratta di un fenomeno naturale di cui tutti abbiamo esperienza e che è così potente per il nostro cervello da avere  un lato oscuro, dal momento in cui consideriamo la dipendenza patologica dal gioco d’azzardo.

Qual è la funzione della gamification in ambito scolastico?

Come già accennato, la dinamica del gioco si rivela davvero utile quando si tratta di apprendimento. Soprattutto ora che la didattica digitale, a seguito della pandemia, ha conosciuto un’evoluzione rapida in tutto il mondo. L’utilizzo di videogiochi che, oltre ad essere un intrattenimento, insegnano qualcosa ai più piccoli, sta diventando sempre più frequente. Si parla di “serious game” per indicare quei sistemi di apprendimento che hanno come tramite livelli di gioco, attività di gruppo, il guadagno di premi e riconoscimenti.

Ci sono giochi per le discipline classiche, come matematica, apprendimento di lingue straniere, la storia… così come ci sono videogiochi che veicolano insegnamenti più sottili e al contempo profondi, sfruttando la natura immersiva, che fa entrare il giocatore in un mondo alternativo del tutto completo e credibile. Stiamo parlando di videogiochi che affrontano temi come il bullismo, la migrazione, la guerra, educando alla comprensione e all’integrazione delle diversità.

Gamification nel marketing

Una forma rudimentale della gamification di cui tutti abbiamo conoscenza sono le raccolte punti, usatissime negli anni ‘80 e ’90. Il cliente comprava sempre lo stesso articolo, tagliava un tassello della confezione, li raccoglieva pazientemente e in cambio otteneva un gadget o uno sconto. Non stupisce dunque il fatto che immettere degli elementi di gioco in altri ambiti sia una delle strade più percorse negli ultimi anni dal marketing, che si tratti di un bene o di un servizio. Con la gamification, dunque, la customer experience diventa un “gioco” di cui l’utente è protagonista. Le meccaniche del gioco lo catturano e lo tengono ancorato, facilitando sia brand awareness che fidelizzazione.

Oggi, attraverso la gamification si intende portare a termine un’operazione molto più complessa (difficoltà affrontata in leggerezza grazie alle possibilità che oggi la tecnologia ci offre). Ovvero fare entrare l’utente nell’universo del brand attraverso un’avventura costellata di piccole prove e relativi riconoscimenti che sbloccano percorsi ulteriori. Vediamolo meglio qui sotto.

Il “gioco” nella costruzione del brand

Negli ultimi anni, complice anche la preponderanza di due nuove generazioni (Millenials e Generazione Z) come acquirenti, si è sempre più assistito a un aumento del peso – per quanto riguarda l’importanza attribuita – della customer experience. Ogni singola interlocuzione tra brand e cliente, dall’ esperienza in-store fino all’acquisto online, passando per i social, è passata al setaccio, controllata minuziosamente, con l’intento di ottimizzare ogni singolo passo del “viaggio” che il consumatore compie. 

In questo contesto capiamo bene che ogni strategia che aumenti la possibilità che un cliente potenziale diventi tale o che un cliente già acquisito si fidelizzi diventa irrinunciabile. Con il gioco è possibile incentivare lo sviluppo di una relazione con il brand. Possiamo riconoscere, come già citato sopra, due momenti fondamentali: la brand awareness e la fidelizzazione. Possiamo fare un esempio di gamification del primo momento quando c’è la presentazione di un nuovo prodotto o servizio, per esempio in trial o sessioni di prova di un software. Dropbox, quando viene installato, fa proprio questo: guida l’utente in una veloce guida delle sue funzioni e, mentre fa questo, supera livelli con sorprese e gratificazioni varie.

Esempi

Altro esempio di gamification (che agisce più sulla fidelizzazione) spesso citato è quello offerto dal colosso Starbuck’s, il programma chiamato My Starbuck’s Reward. già nel lontano 2011. Si crea un’esperienza totalizzante con i propri clienti, che se registrano il proprio accesso nel punto vendita e gli acquisti effettuati ottiene punti nell’app mobile. Questi punti danno diritto a sconti o consumazioni extra, set di prodotti in omaggio e altre sorprese.  Più recentemente, nel 2020, per il lancio della PlayStation 5, è stata indetta una vera e propria caccia al tesoro: su un sito dedicato era possibile accedere a 5 enigmi da risolvere. Il primo utente che avrebbe indovinato le cinque soluzioni sarebbe entrato nel “caveau” virtuale e avrebbe ottenuto la Playstation 5 con tutti gli accessori. Gli altri potevano partecipare all’estrazione di un’altra console in palio. 

La diffusione nel mondo del business

Due aziende su tre, anche nei settori di nicchia come il fashion e la cultura, stanno lanciando iniziative di gamification per far conoscere i propri prodotti e creare relazioni fruttuose e durevoli con i clienti. Nel 2020 numerose maison della moda e del luxury come Valentino, Kenzo,  Gucci, Louis Vuitton hanno utilizzato la gamification per raccontarsi e fare breccia nel cuore dei consumatori più giovani, coloro che rappresentano già il “cuore” del loro target e che è destinato a espandersi nel corso dei prossimi anni. 

Sappiamo che apprendimento e gamification vanno a braccetto: non sorprende quindi che anche per quanto riguarda il mondo della cultura la gamification sia una strada davvero interessante da percorrere. Numerosi sono stati i musei italiani a ideare game per coinvolgere il proprio pubblico, dal Marta di Taranto agli Uffizi di Firenze, passando per il Mann di Napoli, con l’intendo di fare vivere l’esperienza della visita del museo anche a chi si trova geograficamente lontano. Basta pensare che l’app del Mann è stata scaricata milioni di volte, in tutto il mondo.

Come strutturare una gamification efficace per il marketing

Quali sono i fattori da considerare per pianificare una gamification? Innanzitutto occorre mettersi nell’ordine delle idee che si tratta di un’operazione stratificata, da pensare con cura. Un elemento chiave è la semplicità: come utenti abbiamo una capacità di attenzione limitata per ognuno degli innumerevoli stimoli che ci si presentano davanti ogni giorno. Sempre con in mente questo sovraffollamento di stimoli, occorre pensare a qualcosa con un‘interfaccia estremamente intuitiva. Infine, creatività! Grafica e copy del “gioco”, e soprattutto il concept alla base di esso e il suo tone of voice, devono essere in linea con il target del brand, qualsiasi bene o servizio esso proponga.

Consigliabile anche, prima di finanziare il gioco, testare un pilot del programma su un focus group, dove ci si potrà “divertire” con A/B test su vari aspetti del gioco, per capire quali sono le migliori versioni.  Infine, per capire se la strategia ha avuto successo è importante definire a monte quali sono i parametri per cui ci potremmo ritenere soddisfatti (numero di partecipanti, tempo medio speso, risultati…) per avere modo di misurare il risultato finale.

Aldo Agostinelli