Aldo Agostinelli

Il principio DNSH garantisce che le attività economiche non compromettano gli obiettivi ambientali, ed è cruciale per la transizione 5.0 poiché fa in modo che innovazione tecnologica e tutela dell’ecosistema procedano insieme: ecco in che cosa consiste

Per parlare del Principio DNSH dobbiamo partire dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), un acronimo che ormai da tempo è diventato a tutti familiare: il piano strategico che l’Italia ha sviluppato nell’ambito del programma dell’Unione Europea Next Generation EU, istituito per affrontare la crisi economica e sociale causata dalla pandemia di COVID-19.

Considerando il contesto attuale nel quale viviamo, l’attenzione all’ambiente non poteva che procedere di pari passo con la ripresa dell’attività economica. Non a caso, la sostenibilità è uno degli obiettivi del PNRR, volto a promuovere la transizione ecologica attraverso investimenti in energie rinnovabili, efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2. L’Unione Europea ha però previsto un ulteriore criterio a garanzia della tutela dell’ambiente: il Principio DNSH.

Principio DNSH: significato

Cos’è il principio del DNSH? Questa sigla è l’acronimo della frase “Do No Significant Harm”, ovvero “Non arrecare danni significativi”. Il riferimento è proprio alle azioni previste dai PNRR dei singoli Stati, le quali, per essere conformi al principio DNSH e dunque per accedere ai finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), non devono appunto arrecare danni significativi all’ambiente. Non solo. Il limite non è soltanto “al ribasso”, ma è prevista anche una soglia migliorativa: i PNRR devono includere azioni che contribuiscano in modo concreto alla transizione ecologica per il 37% delle risorse.

Il principio DNSH è allineato con gli obiettivi del Green Deal europeo e delle normative ambientali dell’UE, ed è fondamentale per la transizione 5.0 perché assicura che il progresso tecnologico e industriale avvenga in modo sostenibile e responsabile, senza compromettere gli obiettivi ambientali. L’industria 5.0 è infatti caratterizzata dall’integrazione avanzata di tecnologia digitale, intelligenza artificiale e automazione con una forte attenzione alla sostenibilità e al benessere umano.

Criteri DNSH

Il Regolamento stabilisce sei criteri per valutare in che modo ogni attività economica possa contribuire in maniera significativa alla salvaguardia dell’ecosistema, senza compromettere gli obiettivi ambientali:

  1. mitigazione dei cambiamenti climatici (assenza di significative emissioni di gas serra);
  2. adattamento ai cambiamenti climatici (attività che non vadano a peggiorare l’attuale situazione relativa alla crisi climatica);
  3. uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine
  4. passaggio a un’economia circolare, con attenzione a riciclo e riduzione dei rifiuti
  5. riduzione degli inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo
  6. tutela e ripristino della biodiversità.

Schede DNSH

Cosa sono le schede di autovalutazione DNSH? Si tratta di strumenti da utilizzare per un’autovalutazione dell’aderenza al principio DNSH. Sono fogli excel, che si possono scaricare anche sul sito del Governo italiano dedicato al PNRR, consultabili per componente e missione:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
  • rivoluzione verde e transizione ecologica
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile
  • istruzione e ricerca
  • inclusione e coesione
  • salute
  • RePowerEU.

Per ciascuna di queste aree, le schede aiutano a valutare se il progetto potrebbe causare impatti negativi significativi e, in caso affermativo, suggeriscono possibili misure di mitigazione o alternative.

Chi redige relazione DNSH?

La relazione DNSH viene redatta dal soggetto proponente del progetto o dell’attività economica, che può essere un ente pubblico, un’azienda privata o un’altra organizzazione beneficiaria di fondi pubblici che rientrino nel PNRR. Il soggetto proponente è responsabile di effettuare l’autovalutazione e di preparare la documentazione necessaria per dimostrare che il progetto non arreca danni significativi agli obiettivi ambientali stabiliti dal Regolamento europeo.

Controlli DNSH

Questa relazione viene poi sottoposta all’autorità competente (che può essere un ministero, un ente locale o un organismo di controllo designato), che la valuta per verificare la conformità con i requisiti DNSH. L’autorità potrebbe richiedere chiarimenti o integrazioni alla documentazione prima di approvare il progetto.

Chi certifica il DNSH?

La certificazione del rispetto del principio DNSH viene svolta da diversi soggetti, a seconda della natura del progetto e del contesto normativo. Il primo passo, come abbiamo visto, è la responsabilità del soggetto proponente, che deve redigere una relazione di autovalutazione DNSH in cui dimostra come il progetto rispetti i criteri ambientali stabiliti.

In Italia esistono poi autorità di gestione dei programmi finanziati con fondi europei, ad esempio ministeri o enti pubblici specifici, ai quali si possono affiancare organismi e aziende di controllo e audit, sia a livello nazionale che europeo. La Commissione Europea non certifica direttamente ogni singolo progetto ma svolge un ruolo di supervisione.

Aldo Agostinelli