Aldo Agostinelli

Le terre rare sono metalli largamente utilizzati nella produzione di oggetti di uso comune, soprattutto in ambito tecnologico: dove trovarle e perché sono considerate materiali critici

Le terre rare sono elementi cruciali in molte produzioni in campo tecnologico, ma anche nel settore delle energie rinnovabili. Nonostante l’Italia sia ricca di giacimenti, come molte altre nazioni dipende largamente dalla Cina per la loro importazione. Le terre rare sono considerate materiali critici, ovvero elementi essenziali per l’industria e la tecnologia, ma che presentano un rischio significativo di approvvigionamento limitato. Non tanto perché siano scarsi, ma perché il loro isolamento, l’estrazione e la lavorazione danno luogo a processi molto complessi che richiedono investimenti ingenti e che possono danneggiare l’ambiente, producendo rifiuti tossici.

Terre rare: cosa sono

Con il termine terre rare  (REE –Rare Earth Metals) ci si riferisce ad un insieme di 17 elementi chimici che, in realtà, non sono poi così rari, anzi: si trovano in quantità relativamente abbondanti nella crosta terrestre. Sono più diffusi di argento e piombo, per non parlare dell’oro. Però, a differenza di altri, gli elementi delle terre rare sono molto difficili da separare, da estrarre e da lavorare. Inoltre, sono poco frequenti i giacimenti ampi: è più facile trovarli sparsi in piccolissime quantità.

La prima terra rara ad essere scoperta fu l’Ittrio (Itterbite o Ytterbite, poi rinominata Gadolinite), rinvenuto nel 1787 dal chimico Carl Axel Arrhenius nel villaggio di Ytterby, in Svezia. Gli altri elementi appartenenti alle terre rare, dalla composizione chimica molto simile, furono individuati nei decenni seguenti fino all’inizio del Novecento (a parte il  Promezio, un elemento radioattivo che fu creato artificialmente nel 1945).

Terre rare: elenco

Le terre rare sono 17 elementi chimici presenti nella tavola periodica (Scandio, Ittrio e 15 lantanoidi):

  • Scandio;
  • Ittrio;
  • Lantanio;
  • Cerio;
  • Praseodimio;
  • Neodimio;
  • Promezio;
  • Samario;
  • Europio;
  • Gadolinio;
  • Terbio;
  • Disprosio;
  • Olmio;
  • Erbio;
  • Tulio;
  • Itterbio;
  • Lutezio.

Le terre rare sono divise in due categorie: leggere (LREE) e pesanti (HREE). Alla prima appartengono ad esempio lantanio, cerio e neodimio; alla seconda disprosio, terbio, erbio.

A cosa servono le terre rare?

I metalli delle terre rare hanno un campo di utilizzo molto ampio. Tra le principali applicazioni abbiamo:

  • schermi a LED e display LCD;
  • magneti usati in altoparlanti, microfoni e motori di vibrazione di smartphone e altri dispositivi elettronici;
  • generatori delle turbine eoliche e pannelli fotovoltaici;
  • veicoli elettrici (batterie ricaricabili al lantanio-nichel e motori elettrici con magneti al neodimio);
  • industria automobilistica (fari delle auto, catalizzatori per ridurre le emissioni dei veicoli a combustione interna);
  • tecnologie militari (sistemi di guida, componenti dei radar, missili);
  • medicina (apparecchiature diagnostiche come la risonanza magnetica e terapie anticancro);
  • produzione di vetro, ceramica, leghe metalliche.

Terre rare: dove si trovano

Dove si trovano le terre rare nel mondo? E chi estrae le terre rare? Fino agli anni ’50 la maggior parte delle terre rare del mondo arrivava da depositi di sabbia brasiliani e indiani, poi vennero trovati dei giacimenti in Sudafrica e in California, Myanmar e Australia. Oggi, invece, gran parte della produzione mondiale di terre rara è in mano alla Cina. I numeri non sono mai molto chiari perché il mercato non è ufficiale e, proprio in Cina, esistono numerose miniere illegali. Comunque, sta di fatto che oltre la metà delle terre rare arriva dal mercato cinese (in realtà si stima che la cifra possa arrivare al  90%). Un altro territorio molto ambito è la Groenlandia, con un sottosuolo probabilmente molto ricco, che attualmente gli abitanti stanno ancora riuscendo a tutelare.

Dove si trovano le terre rare in Italia?

In Italia esistono molti giacimenti di terre rare ma l’estrazione mineraria nel nostro Paeseè stata interrotta da decenni, talvolta da secoli, preferendo l’importazione. Sono presenti anche siti nuovi che, in questi anni, stanno attirando l’attenzione delle aziende e della politica. Ad esempio, un sito importante di litio si trova al confine tra Lazio e Toscana: Vulcan Energy e Enel Green Power hanno ottenuto il permesso di esplorare la zona che dovrebbe rappresentare un sito estrattivo sostenibile, a differenza di altri. A Piampaludo (Savona) si trova invece uno dei più grandi giacimenti di titanio d’Europa che però resterà inesplorato perché è all’interno di un’area protetta (e comunque l’estrazione sarebbe difficilissima per via della durezza della roccia locale).

La riapertura delle miniere o l’attivazione di nuovi scavi non sono mai operazioni banali. Ogni situazione va valutata nella sua specificità. E poi bisogna considerare l’attività di raffinazione, che può essere molto inquinante (ad esempio in Cina lo è sicuramente perché realizzare impianti meno inquinanti costa troppo). Si calcola che la lavorazione di una tonnellata di metalli delle terre rare possa produrre almeno 2.000 tonnellate di rifiuti tossici.

Perciò, per ridurre la dipendenza dall’importazione, un primo passo sarebbe quello del riutilizzo e l’incentivazione di una economia circolare, oggi ancora limitata: attualmente il numero di smartphone e tablet che vengono riciclati o riutilizzati è basso (in Italia così come in tutta Europa) ma questo processo potrebbe fare la differenza, considerando che la domanda continuerà a crescere.

Il regolamento europeo sulle materie prime critiche

Nel marzo 2024 il Consiglio europeo ha approvato il regolamento europeo sulle materie prime critiche, proprio in previsione dell’aumento della domanda di materiali critici. Obiettivi della nuova norma sono incentivare riciclo ed economia circolare, innovazione e ricerca, anche al fine di trovare materiali alternativi e nuove forme di approvvigionamento, pur nella consapevolezza che l’Europa non potrà mai raggiungere l’autosufficienza.

La dipendenza dai Paesi terzi andrà comunque ridotta: l’obiettivo è riuscire ad estrarre almeno il 10% e a trasformare almeno il 40% delle materie prime critiche utilizzate in Europa all’interno del territorio europeo. Inoltre, almeno il 25% dei materiali critici consumati ogni anno in Europa dovrà provenire da attività di riciclo. E le importazioni non dovranno superare il 65%.

Aldo Agostinelli