Aldo Agostinelli

L’attivazione di un piano di welfare aziendale determina numerosi vantaggi per i dipendenti e per l’azienda stessa: ecco in che cosa consiste e perché oggi ogni organizzazione dovrebbe dotarsene

Il welfare aziendale è un insieme di benefit e servizi che l’azienda offre ai dipendenti. Si tratta di una pratica sempre più diffusa, alla luce della consapevolezza dell’importanza che rivestono le risorse umane all’interno di un’organizzazione. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, nel 2022 il 60,7% dei contratti prevedevano un piano di welfare aziendale. Se un tempo il datore di lavoro era orientato unicamente al business, e vedeva i dipendenti in modo strumentale, funzionale al raggiungimento del proprio obiettivo, oggi sa che occorre mettere le risorse umane al primo posto. Non solo perché in questo modo tutti i dipendenti lavorano meglio e il clima in azienda migliora nettamente, ma perché, alla fine, è il business stesso a risentirne positivamente. Vediamo perché.

Cos è il welfare aziendale

Il welfare aziendale è un insieme di beni e servizi, materiali e immateriali, che l’azienda mette a disposizione dei propri dipendenti. I servizi di welfare vanno dall’assistenza sanitaria alle agevolazioni fiscali, dalle facilitazioni per lo smart working ai fondi pensione, fino ai viaggi e alle attività per il tempo libero: sport, benessere fisico e mentale, accesso a servizi di telemedicina, carburante, vacanze e shopping, istruzione e cura della persona, supporto agli anziani, solo per citare alcuni esempi. Tutto ciò, in sostanza, che può alleggerire le incombenze quotidiane e migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone.

Una delle tipologie più diffuse del welfare aziendale è rappresentata dai fringe benefit. Potremmo tradurre questo termine con l’espressione “compensi in natura”. Cosa sono? Rientrano in questa categoria l’auto aziendale, i buoni pasto, le polizze assicurative, i bonus carburante, alloggi messi a disposizione del dipendente e altri beni “materiali”, ma non in denaro. I fringe benefit possono essere riconosciuti anche a singoli lavoratori. Particolarmente interessante per i lavoratori è la possibilità di accedere ai benefit flessibili, in modo da costruire così un piano ad hoc in base alle proprie esigenze. Possiamo affermare che, per i dipendenti, il welfare aziendale si traduce in un aumento del potere di acquisto. Per questo rappresenta un elemento da tenere in considerazione al momento della stipula del contratto.

Perché è importante

Negli ultimi anni, la cura, il coinvolgimento e la fidelizzazione dei propri dipendenti sono diventati aspetti prioritari per ogni azienda. Oggi le persone non sono più disposte ad accettare condizioni che non soddisfino i basilari requisiti di benessere. Specialmente i più giovani. Stiamo assistendo ad un vero e proprio fenomeno di “abbandono” dei posti di lavoro, quando questi non corrispondono più alle aspettative dei dipendenti. A questo fenomeno è stato dato un nome: “great resignation”, grandi dimissioni. Una tendenza a lasciare il proprio posto di lavoro, anche in assenza di alternative sicure, per reinventarsi una vita, che si è affermato in particolare durante e dopo la pandemia.

Le aziende che non comprendono e non si adattano alle richieste emergenti della società di oggi, rischiano di perdere quanto di più prezioso hanno: il capitale umano. E che cosa vogliono, dunque, i lavoratori? Sicuramente uno stipendio adeguato e una sicurezza contrattuale, ma non solo. Altrettanto importante è che l’azienda garantisca un buon equilibrio tra vita privata e professionale, che offra condizioni flessibili e orari negoziabili, che promuova iniziative formative e concrete possibilità di crescita e di sviluppo. In poche parole, che veda i dipendenti come persone a tutto tondo, con le loro esigenze e i loro desideri. Solo in questo modo si può davvero andare avanti insieme.

I vantaggi del welfare aziendale

Avendo compreso l’importanza delle soluzioni di welfare, è chiaro che il vantaggio immediato è il soddisfacimento dei bisogni dei dipendenti e, di conseguenza, la conquista della loro fedeltà. Ciò non significa soltanto che resteranno in azienda, con una importante diminuzione del costo del lavoro, ma soprattutto che daranno il meglio di sé, contribuendo in modo brillante e creativo al suo sviluppo. Inoltre, saranno i migliori ambasciatori del brand all’esterno, rafforzandone in modo positivo l’immagine. Al contempo, comunicando in modo chiaro e onesto i propri piani di welfare aziendali, sarà più facile attrarre nuovi talenti e stringere partnership stimolanti. Anche gli stakeholder – e alla fine del processo i clienti – non potranno che vedere di buon occhio iniziative che mettono la persona al primo posto. Tutti questi cambiamenti determineranno nel medio e lungo periodo un vantaggio competitivo davvero rilevante per l’azienda.

La normativa che lo regola

I piani di welfare aziendale possono essere strutturati indipendentemente dalla retribuzione fissa e variabile, come erogazione liberale da parte dell’azienda, oppure essere associati alla componente variabile della retribuzione. In questo secondo si fa riferimento ad accordi sindacali aziendali o di categoria. In entrambi i casi, i servizi di welfare sono completamente detassati per i dipendenti, perché fanno parte di quei beni e servizi che non concorrono a formare il reddito imponibile. Sono quindi doppiamente vantaggiosi, perché per i lavoratori sono esenti dalla tassazione e per l’azienda sono deducibili.

La legge italiana agevola il welfare aziendale attraverso diverse normative. I principali riferimenti sono i seguenti:

  • TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), in particolare agli art. 51 e art. 100, e le leggi che lo hanno parzialmente modificato (Leggi di Stabilità e Bilancio 2016, 2017 e 2018);
  • le indicazioni interpretative fornite dall’Agenzia delle Entrate (in particolare circolare 28/E del 2016, Risoluzione 55/E del 25/09 2020).

Che cosa emerge, in sintesi, da queste norme? Tra gli aspetti più rilevanti, citiamo:

  • la possibilità per le aziende di dedurre le spese destinate al welfare dal reddito imponibile;
  • il limite di 3.000 euro per i voucher utilizzati come fringe benefit (come buoni spesa e carburante), mentre per altri servizi come vacanze, corsi o attività culturali non sono previsti limiti;
  • la possibilità di estendere i benefit previsti dal welfare anche ai familiari;
  • l’opportunità di trasformare il premio di produttività in un servizio di welfare;
  • l’introduzione dei flexible benefit, ovvero di un “kit” di beni e servizi tra i quali il dipendente può scegliere liberamente;
  • la scelta per l’azienda di erogare i beni e servizi in modo diretto oppure rivolgendosi a provider di servizi esterni.
Aldo Agostinelli