Aldo Agostinelli

Le royalty rappresentano una forma di compenso percentuale che un autore ottiene per l’utilizzo da parte di terzi di una sua opera di ingegno. Ecco come funzionano

Le royalty sono un elemento strettamente legato al digital marketing se pensiamo, per esempio, alla musica utilizzata nei contenuti social. Per questo motivo è importante sapere cosa sono e come funzionano dal punto di vista legale e fiscale. Le royalty sono comunemente usate in vari settori, tra cui quello musicale, letterario, tecnologico e delle franchigie. Possono derivare da diverse fonti e vengono calcolate in base a diversi criteri, a seconda del tipo di diritto o bene in questione.

Le principali forme di royalty sono:

  • sui diritti d’autore, dunque per autori, musicisti, artisti o altri creatori per l’uso delle loro opere protette da copyright: ad esempio, un musicista riceve una royalty ogni volta che una sua canzone viene riprodotta in radio, venduta come disco, o utilizzata in un film;
  • sulle licenze: quando una società concede in licenza un brevetto o un marchio a un’altra società, quest’ultima paga una royalty per l’uso di quel brevetto o marchio; ciò accade spesso nelle industrie tecnologiche e farmaceutiche;
  • sulle risorse naturali, pagamenti fatti ai proprietari di terreni per l’estrazione di risorse naturali, come petrolio, gas, minerali o legno;
  • sulle franchigie: il franchisor riceve una royalty dal franchisee per l’uso del marchio e del modello di business.

Cosa si intende per royalties?

La royalty è il compenso riconosciuto a chi cede i diritti di utilizzo di un prodotto, di un brevetto, di un marchio o di un’opera di ingegno. Se ne sente parlare soprattutto nell’ambito artistico – musica, letteratura, opere d’arte – oppure delle invenzioni. Strettamente connesso al termine royalty, come vedremo, è infatti il concetto di copyright

La royalty è commisurata al fatturato che si ottiene in base a questo utilizzo o agli utili che vengono prodotti. In sostanza, le royalty rappresentano il diritto di un titolare di ottenere un compenso da parte di chi sfrutta una sua creazione a fini commerciali (licensing). 

L’equivalente del termine inglese in italiano può essere “diritto”, ma viene utilizzato nella sua forma originale dal momento che è comunemente usato nel linguaggio internazionale. In origine, con royalty si indicava la percentuale sugli utili netti che il titolare del diritto doveva allo Stato o al proprietario privato per lo sfruttamento di giacimenti minerari. 

Da qui ha preso piede fino ad essere usato in molteplici ambiti: in Italia, per esempio, il termine royalty rimanda alla SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) che ne regolamenta l’utilizzo in alcuni ambiti autoriali. 

Oggi la parola si utilizza prevalentemente al plurale (royalties) e indica il compenso che il possessore di un brevetto o l’autore di un’opera di ingegno ottiene in funzione della concessione a terzi del brevetto o dell’opera stessa. 

Chi paga le royalties?

Le royalty prevedono la costituzione di un accordo di licenza. Sulla base di questo accordo, troviamo due soggetti coinvolti: il licensee e il licensor.

  • Il licensee è chi ottiene una licenza per l’utilizzo dell’opera di ingegno.
  • Il licensor è chi concede la licenza, proprietario dell’opera intellettuale. 

La concessione della licenza prevede il pagamento di una quota (la royalty, appunto) da parte del licensee a favore del licensor. 

In ambito aziendale, le royalty sono contraddistinte da due elementi: il guadagno netto dell’azienda (profitto) e il costo di produzione.

Quando sono dovute le royalties?

Oggi le royalties si utilizzano in moltissimi settori, da quello industriale a quello culturale. Pensiamo ad esempio alla musica, agli scrittori, agli artisti,  per i quali in Italia, come abbiamo anticipato, esiste un apposito ente, la SIAE, che stabilisce e gestisce il compenso riconosciuto al proprietario di un bene immateriale, come ad esempio una canzone. In modo analogo, dirigenti e responsabili aziendali percepiscono royalties per l’utilizzo di brevetti e licenze. In un contesto aziendale, dunque, le royalty rappresentano introiti aggiuntivi e indicano il successo di un’impresa.

Come si calcola il tasso di royalty?

Come facilmente prevedibile, le royalties si utilizzano in moltissimi settori, da quello industriale a quello culturale, da quello della comunicazione a quello del marketing

Pensiamo alla musica, che può essere facilmente ascoltata in ogni momento e in qualsiasi luogo da piattaforme come Spotify: quando un brano viene riprodotto in base alla richiesta dell’utente, il titolare del diritto ottiene una royalty. 

E ancora: scrittori e artisti di cui vengono riprodotte le opere intellettuali. Come già anticipato, in Italia esiste un apposito ente, la SIAE, che stabilisce e gestisce il compenso riconosciuto ai proprietari di questi beni immateriali ogni volta che l’opera viene riprodotta da un altro soggetto. 

In modo analogo, dirigenti e responsabili aziendali percepiscono royalties per l’utilizzo di brevetti e licenze. In un contesto aziendale, dunque, le royalty rappresentano introiti aggiuntivi e indicano il successo di un’impresa.

Per quanto riguarda i tempi di pagamento ai diretti interessati, dipende dal contesto. Ad esempio, guardando al mondo dell’auto pubblicazione, Amazon (Kindle direct publishing) paga gli autori ogni mese, circa 60 giorni dopo la fine del mese in cui la vendita è stata registrata, se la soglia minima di pagamento viene raggiunta.

Come vengono calcolate le royalties?

Il calcolo della royalty è legato ad una trattativa tra le due parti coinvolte: non esiste una formula sempre valida. Inoltre, il calcolo delle royalties varia a seconda del settore e del tipo di diritto o bene in questione. Di solito, comunque, la percentuale non supera il 30%. 

Chi acquista la concessione a fini commerciali di un brevetto o di un’opera deve stipulare un accordo di licenza, detto licensing. La royalty può essere fornita in un solo momento oppure la si può rateizzare, specialmente quando si parla di grandi somme.

Come vengono tassate le royalty?

Per quanto riguarda invece il profilo fiscale, chi paga le royalties è soggetto ad una ritenuta del 20% dell’importo versato all’autore residente in Italia. 

Se l’autore risiede all’estero la ritenuta sale al 30%. 

A sua volta, l’autore che riceve una royalty direttamente, paga una tassazione da lavoratore autonomo. Altrimenti, se chi la riceve non è l’autore in persona, la tassazione ricade nella categoria “redditi diversi”.

In Italia, le persone fisiche che ottengono royalties usufruiscono di una tassazione agevolata, che consiste in una deduzione fiscale IRPEF pari:

  • al 40% se sono percepite da persone sotto i 35 anni
  • al 25% se a riceverle sono persone di età pari o superiore a 35 anni.

Se è una società a ricevere royalties, il guadagno che deriva dall’uso della proprietà intellettuale concorre a formare la base immobile societaria. Su questa si calcolano poi le imposte sui redditi (IRES). Si applica l’aliquota ordinaria: 24% Ires + il 4% Irap.

Quanto durano le royalties?

L’art. 25 L.d.a. (Articolo 25 Legge sulla protezione del diritto d’autore) disciplina la durata del diritto d’autore nei seguenti termini: il copyright scade dopo 70 anni dalla morte dell’autore

La soglia è stata elevata: in precedenza era ai 50 anni dalla morte. La durata delle royalties vale in tutta l’Unione europea e negli Stati Uniti.

Aldo Agostinelli