All’interno dei singoli Paesi, e tra i diversi Stati, esiste un divario significativo nell’accesso alle tecnologie digitali e nella possibilità del loro utilizzo: ecco quali sono le cause e le conseguenze del digital divide
Con l’espressione digital divide si intende il divario digitale che esiste tra chi ha accesso alle nuove tecnologie dell’ informazione e della comunicazione e chi non ce l’ha, totalmente o parzialmente, per propria scelta o per una serie di problematiche. In questo modo il mondo si frammenta tra chi può godere dei vantaggi offerti dalla società digitale e chi, invece, non può accedere a quei privilegi. La pandemia da Covid-19 ha, se possibile, reso ancora più netta la divisione tra chi può avere accesso alle tecnologie digitali e chi no. Il work from home (lavoro da casa), la DaD (didattica a distanza), per esempio, hanno creato un solco ancora più profondo che evidenzia un danno socio-economico e culturale. L’effetto del digital divide è sempre negativo per coloro che lo subiscono.
Fatta eccezione di chi si priva del progresso digitale per propria scelta, chi invece ne soffre non per decisione propria fa spesso parte di un ceto sociale svantaggiato, dunque è negativo per chi lo subisce. Pensiamo alla diffusione della fibra ottica e della banda ultra larga, che non sono certo presenti ovunque, anche se la situazione sta gradualmente migliorando. Il digital divide divide quindi il mondo in due parti. E non si tratta certo solamente di una privazione “tecnologica”. Il mancato accesso al digitale e agli strumenti informatici limita la partecipazione alla vita politica e sociale, la possibilità di informarsi, di comunicare. Rappresenta quindi un vero e proprio ostacolo alla vita democratica di un Paese ed un elemento che non fa altro che mettere in luce ed esacerbare le disuguaglianze esistenti all interno di un singolo Paese.
Cosa provoca il digital divide?
La presa di coscienza del neonato divario digitale risale a metà anni Novanta, quando inizia a circolare la tesi secondo la quale la connessione Internet creasse lo spartiacque tra chi ne faceva uso e chi no, generando così una forma di disuguaglianza sociale. È stato Al Gore, all’epoca Vice Presidente di Bill Clinton, il primo a parlare di digital divide per intendere il gap fra gli information haves e gli havenots, il 29 maggio 1996. Da quel momento in poi, il divario digitale è stato impossibile da non notare. Si è capito che l’accesso alle nuove tecnologie digitali è un fattore legato alla geografia e alla geopolitica, ma che ci sono anche altre cause, come:
- età
- genere
- livello di educazione
- condizioni economiche
- città vs campagna.
Chi nasce nei centri urbani ha il maggior numero di possibilità di aver accesso più facilitato alla rete e alle sue tecnologie, soprattutto rispetto chi invece vive in località rurali dove spessa la rete non arriva neanche.
Che cosa si intende con digital divide?
Digital divide vuol dire divario digitale, dove divario è sinonimo di disuguaglianza digitale. Questo comporta difficoltà per alcuni Paesi o categorie sociali di poter accedere e usufruire di tecnologie dell’informazione come, per esempio, Internet, pc, smartphone, ecc. Ci sono poi più livelli di divario che dipendono molto da dove si nasce nel mondo perché chi è nato nei Paesi più avanzati, e/o è giovane, riesce facilmente a colmare il semplice accesso alla rete. In questo caso il divario digitale si verifica in un secondo livello basato sulle modalità di fruizione.
Con digital divide ci si riferisce a una diseguaglianza tra:
- singole persone
- gruppi sociali che vivono in una stessa area
- regioni diverse uno stesso stato
- tra Stati.
Cosa si intende per digital divide quali sono le cause e le conseguenze di tale fenomeno?
Esistono due tipi di divario digitale: globale e sociale. Il divario digitale globale si riferisce alle differenze che esistono tra due o più Paesi diversamente sviluppati. Il digital divide sociale riguarda le disuguaglianze presenti all’interno di un singolo Paese. L’innovazione digitale è ormai inarrestabile e comprende tutti i settori, compreso quello lavorativo, che forse è quello che risente maggiormente l’effetto negativo del divario digitale. Oggi la quasi totalità delle aziende globali ha una connessione internet veloce e senza fili; coloro che non godono delle stesse condizioni sono già fuori dal mercato del lavoro.
Se il mercato digitale ridefinisce lo scenario economico mondiale, anche i lavoratori hanno cambiato il loro approccio. Sempre più spesso, infatti, sono richieste competenze digitali più specifiche, ottenerle però non è così scontato. Alcuni degli ostacoli possono essere l’età oppure il titolo di studio. I Millenials, ma soprattutto la Generazione Z, composta dai cosiddetti nativi digitali, sono e saranno più capaci di comprendere le nuove tecnologie delle generazioni precedenti. Concludere un percorso di studi di scuola superiore è l’altro fattore che permette di apprendere le competenze digitali necessarie. Per il futuro aziendale, italiano come mondiale, è imperativo colmare il divario digitale tra i dipendenti.
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Chi riguarda il digital divide?
Il divario digitale sociale va a colpire inevitabilmente tutte quelle categorie che in un determinato Paese sono già più a rischio o più marginali e spesso si parla di digital divide:
- intergenerazionale (gli anziani)
- di genere (le donne)
- linguistico-culturale (gli immigrati);
ma il divario sociale colpisce anche:
- le persone con disabilità
- i detenuti
- coloro che hanno bassi livelli di scolarizzazione e di istruzione incapaci di utilizzare le nuove tecnologie.
Attualmente queste forme di divario sono molto presenti in Italia e in tutti i Paesi del mondo, Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati, anche altamente industrializzati. Gli stati sono chiamati all’importante sfida che permetta alle aziende e ai cittadini di arrivare alla piena consapevolezza delle tecnologie digitali, in modo da sfruttarle per obiettivi economici ed educativi.
Digital divide nel mondo
Nel 2023 c’è anche chi non vuole avere a che fare con la rivoluzione digitale e si tiene ben lontano dall’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Per questo è importante capire e differenziare tra:
- digital divide culturale, chi sceglie di non avere una connessione internet
- digital divide infrastrutturale, chi è escluso dal digitale perché vive in zone non coperte da una connessione internet adeguata o questa è addirittura assente.
Anche se ci sono delle differenze, sono entrambe situazioni di svantaggio. E spesso chi decide di non avere accesso a internet attua una decisione dettata da preesistenti condizioni oggettive di deficit sociale e culturale. Per quanto riguarda il digital divide infrastrutturale si può dire che i paesi tecnologicamente più avanzati sono Cina, Giappone e Stati Uniti. Sono questi gli Stati che attualmente detengono più della metà delle connessioni nel mondo, di conseguenza gli altri Paesi, compresa quelli appartenenti all’Ue, sono decisamente indietro anche se non ai livelli dei Paesi del Terzo Mondo.
Il ruolo della Digital Transformation
La trasformazione digitale è un processo al quale le aziende non possono più fare a meno. Per poter definire efficiente una rete internet dev’essere ben installata e veloce. Velocità ed efficienza sono, infatti, fattori imprescindibile per permette di poter operare senza problemi. Tutte le aziende che non investono nella digital transformation sono destinate a rimanere indietro nella corsa ai nuovi processi e alle nuove iniziative tecnologiche. La competizione aziendale ricade sempre più spesso sull’innovazione tecnologica. Se l’azienda è chiamato a investire sempre più in infrastrutture efficienti e moderne, allo stesso modo i lavoratori devono seguire l’innovazione tecnologica e comprenderne il funzionamento.
Il Digital Divide in Italia
Nel Belpaese il divario digitale è un fenomeno ben presente a livello territoriale, a livello lavorativo e di conseguenza sociale. Il ritardo dell’arrivo del 5G su tutto il territorio italiano, ci pone in svantaggio a livello europeo. Ma se si pensa che sono ancora tante le aziende nostrane che ancora non sfruttano l’ accesso alla rete per il proprio business, il 5G sembra il minore dei problemi. Inoltre, la velocità della rete Internet sul territorio italiano è tuttora sotto gli standard europei e non tutti gli italiani sono in grado di sfruttarla, in quanto vivono in aree non ancora coperte dalla connessione a Internet.
In Italia, da qualche anno, aziende e istituzioni hanno capito l’importante della trasformazione digitale:
- per i servizi internet
- tecnologie in favore dei cittadini,
- nuove opportunità di business.
L’innovazione tecnologica deve andare al passo dello sviluppo di infrastrutture adeguate che segua anche la trasformazione nella cultura e nella organizzazione aziendale. Con la digitalizzazione delle pubblica amministrazione e con altre azioni simili, le istituzioni italiane stanno, anche se con fatica, mettendo a punto strategie per rendere tutto il territorio italiano coperto dalla connessione veloce a Internet, i modo da permettere a tutti i distretti industriali di sfruttare la rete e di lavorare nel pieno delle proprie potenzialità.
Il rapporto DESI 2022
La pandemia ha generato un’accelerazione tecnologica in alcuni campi. Il lockdown e le restrizioni per cercare di limitare la diffusione del Covid-19, ha costretto molte aziende o attività a ripensarsi online. Si pensi solo agli studenti in DaD o all’aumento degli acquisti attraverso gli ecommerce. Ciononostante, il DESI 2022, il report sullo stato di digitalizzazione presente negli Stati membri dell’Unione europea, posiziona l’Italia al 18esimo posto su 27 Paesi. Un lieve miglioramento rispetto al 2021 (eravamo al 20esimo posto), ma c’è ancora tanto da fare. In generale, c’è un gap importante tra il Nord e il Sud dell’Europa. Gap che poi si riflette tra il Nord e il Sud dell’Italia.
Ad oggi, circa il 60% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto un discreto livello di digitalizzazione, specialmente grazie alla diffusione dei servizi in cloud. Al contempo, soltanto il 40% degli utenti italiani del web utilizza i servizi pubblici digitali (la media europea è del 65%). Sul digital divide nello specifico, però, il DESI non lascia dubbi: Ancora oggi più della metà dei cittadini italiani non ha neanche le competenze digitali di base – si legge -. La percentuale degli specialisti digitali nel mercato del lavoro italiano è minore rispetto alla media europea e le prospettive future sono limitate dai bassi tassi d’iscrizione a corsi di laurea nel settore delle TIC”.