Aldo Agostinelli

Gli zoomer sono i ragazzi nati tra il 1996 e il 2010. Nativi digitali, attenti all’ambiente, ai diritti e all’inclusione sociale, hanno trascorso gli ultimi due anni in gran parte chiusi in casa a causa della pandemia, seguendo le lezioni a distanza. Anche da questo aspetto deriva il termine che li definisce.

Gli zoomer sono gli appartenenti alla Generazione Z, che comprende i nati tra il 1996 e il 2010. Ai membri di questa generazione sono stati dati molti nomi: Centennial, Digitarian, Gen Z, iGen, Plural, Post-Millennial. Si tratta, comunque, dei figli della Generazione X (1965-1980) e degli ultimi Baby boomers. La generazione che li precede è invece quella dei Millennial (Generazione Y). Gli zoomer sono nati con Internet e non fanno distinzione tra vita online e offline. Non guardano la televisione, ma non possono rinunciare ai social. Si impegnano per la tutela dell’ambiente e per il riconoscimento dei diritti civili per tutti. Spesso vengono definiti in conflitto con i boomers, appartenenti ad una realtà ormai superata. Scopriamo più nel dettaglio chi sono gli zoomer, perché sono stati chiamati così e quali caratteristiche li accomunano.

Cosa vuol dire zoomer?

Le origini di questa parola sono molteplici. Il dizionario americano Merriam-Webster suggerisce che il termine zoomer indicasse inizialmente un Baby boomer attivo su Internet. In realtà, ormai questa parola viene usata solo per definire i membri della Generazione Z in un modo più facile da pronunciare rispetto a “Gen Z”. E anche, più semplicemente, perché zoomer fa rima con boomer, agevolando la contrapposizione tra due generazioni considerate in conflitto, o comunque caratterizzate da una certa difficoltà nel dialogo e nel confronto. Anche se il termine esiste dal 2016, è con la pandemia che si è diffuso, essendo emerso un elemento che ha accomunato tutti i ragazzi di questa età: la didattica a distanza. Che si è svolta e si svolge ancora proprio grazie a piattaforme per videoconferenze come Zoom.

Cosa rende unica la Generazione Z?

La generazione degli zoomer è quella dei nativi digitali, anche se questa definizione ha sollevato diverse critiche. Sono nativi digitali in parte anche i Millennial, ma per i nati dopo il 1996, la tecnologia è un elemento prioritario della vita stessa. Internet, infatti, era già diffuso durante la loro infanzia, e i social media fanno parte della loro socialità. Oltre a ciò, gli appartenenti alla Gen Z mostrano un’attenzione più forte rispetto ai loro predecessori per i diritti sociali e la tutela dell’ambiente. Sono i primi a vivere l’epoca dei matrimoni omosessuali legalizzati, la guerra all’ISIS e la crisi dei migranti.

In confronto ai Millennial sono meno propensi ai rischi e agli eccessi. Sono invece molto attenti alle singole individualità e portati alla ricerca di uno stile di vita e di una professione che rispecchi le loro attitudini e i loro valori in pieno. Si può affermare che, da diversi punti di vista, siano più “seri” e con la testa sulle spalle. Tendono infatti a crearsi una carriera e una famiglia, della quale, rispetto ai Millennial, spesso molto critici con i genitori, hanno recuperato valori e modelli di riferimento. Con la differenza sostanziale di una maggiore apertura mentale che li porta ad accettare qualsiasi tipo di unione e ad avere un concetto di famiglia decisamente più allargato e fluido.

Gen Z e tecnologie digitali

Per gli zoomer la televisione in quanto mezzo e canale di intrattenimento è abbastanza irrilevante, dal momento che possono avere accesso a qualsiasi contenuto tramite Internet. Il concetto di fruizione passiva per loro è superato. Non possono invece fare a meno dello smartphone. D’altronde, le tecnologie digitali rappresentano anche una parte preponderante dell’attività lavorativa dei più giovani, qualunque essa sia. Anche a livello educativo e scolastico il digitale fa parte della vita degli zoomer. Per alcuni critici, e anche per alcuni genitori, questa presenza così marcata della dimensione digitale comporta anche dei rischi per i ragazzi, legati in particolare alla condivisione di contenuti e immagini personali. Gli adolescenti infatti sono sempre connessi e oggi anche molti bambini delle scuole elementari hanno uno smartphone.

Zoomer e boomer

Il “conflitto” tra queste due generazioni, piuttosto distanti nel tempo visto che i baby boomer sono nati tra il 1946 e il 1964, nel dopoguerra, è racchiusa dell’espressione “Ok boomer”. Con la quale la nuova generazione taglia corto in risposta alle prediche e alle critiche degli “anziani”. I baby boomers accusano infatti talvolta i più giovani di accomodarsi sulle conquiste che loro hanno invece contribuito a raggiungere con lotte e fatiche. Affermazione sulla quale naturalmente i ragazzi non sono d’accordo, ma che preferiscono non perdere tempo a commentare. Con questa risposta ironica e un po’ sprezzante si chiude quindi il dialogo già in partenza.

A questo proposito è cuirioso “That’s ok boomer”, lo spot con cui Ikea è sbarcata su Tik Tok per conquistare i clienti più giovani. Un duetto casalingo che vede la convivenza forzata tra una zoomer (la cantante Madame) e un boomer (Elio). Dal quale, in fondo, emerge anche qualche elemento in comune. Non ne fanno parte i social, però: Facebook è il regno dei boomer, Instagram e Tik Tok sono in mano agli zoomer. I quali non perdono l’occasione per deridere l’analfabetismo digitale di molti “anziani” che si esprimono a sproposito sui social, talvolta anche cadendo vittime di bufale e fake news.

Strategie digital per gli zoomer

Le strategie di digital marketing sviluppate per incrociare l’interesse e l’attenzione dei Millennial non funzionano con gli zoomer. Prima di tutto i giovani non fanno praticamente distinzione tra la vita online e quella reale. E questo è un punto di partenza da tenere chiaramente a mente. Inoltre, fanno praticamente tutto tramite smartphone, in diversi momenti della giornata, indipendentemente da dove si trovano. Gli zoomer sono multitasking ma hanno un livello di attenzione molto basso. Riescono a concentrarsi meglio sulla carta piuttosto che sul web, dove gli stimoli eccedono. Quindi vale la pena pensare di realizzar anche qualche contenuto cartaceo.

Un brand che voglia conquistare gli appartenenti alla Gen Z non può inoltre prescindere dall’impegno verso tematiche sociali, inclusive, e dal rispetto per l’ambiente. L’azienda deve spiegare che cosa sta facendo per rendere il mondo un posto migliore. Deve inoltre saper parlare di sé, perché i ragazzi vogliono sapere chi c’è dietro a un marchio. Chi sono le persone che ne fanno parte, quali sono le loro storie. Il sito web li interessa meno: meglio puntare tutto suoi social e sull’interazione, diversificandone l’utilizzo e promuovendo la creazione di contenuti da parte degli utenti stessi.

Aldo Agostinelli