Aldo Agostinelli

È il riconoscimento ai dipendenti per aver raggiunto gli obiettivi di produzione e non solo prefissati dall’azienda. La norma riconosce una tassazione agevolata anche per incentivarne l’adozione, a determinate condizioni

È uno dei punti cardine del welfare aziendale, vale a dire l’insieme di benefit e prestazioni che un’azienda eroga a favore dei dipendenti e che contribuiscono a migliorare la loro qualità di vita e il loro benessere. Di fronte a degli obiettivi pienamente raggiunti, il datore di lavoro decide così di premiare un lavoratore o un gruppo di lavoratori e il premio di risultato diventa uno stimolo ulteriore all’impegno e serve a stabilire un rapporto di fiducia tra le parti. 

Il tema del benessere sul mondo del lavoro è di grande attualità e anche il legislatore è intervenuto a più riprese per promuovere misure di premialità e merito, introducendo in particolare una tassazione agevolata.

Quando viene erogato il premio di risultato?

L’erogazione del premio di risultato avviene nel momento in cui si concretizza il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’azienda o dall’organizzazione. Tra i premi di risultato rientrano, ad esempio, i premi di produzione, ma non solo: possono essere legati alla continuità nella presenza sul luogo di lavoro o agli standard qualitativamente elevati ottenuti rispetto all’anno precedente.

Il premio di risultato è generalmente messo nero su bianco negli accordi aziendali e nei contratti stipulati con i dipendenti e le parti sosciali e concorre a formare il reddito dei lavoratori. 

L’attribuzione di un premio di risultato avviene normalmente a fine anno, ma ci sono casi in cui può essere trasferito al destinatario in un momento precedente o, ancora, in più momenti, a seconda degli obiettivi per i quali è stato predisposto e dell’arco temporale al quale si riferisce. 

La premialità dipende in primo luogo da criteri oggettivi, ma può anche essere assegnata con parametri meno specifici e più discrezionali. In caso di criteri di giudizio oggettivi, si intendono:

  • l’insieme delle condizioni previste negli accordi aziendali che determinano il diritto a percepire una determinata somma nel momento in cui si verificano;
  • criteri di misurazione e verifica legati ad “incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione”, come indicato dal decreto interministeriale del 25 marzo 2016, articolo 2. 

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Come si calcola il premio di risultato?

Secondo quanto indicato dalla normativa italiana, il premio di risultato viene calcolato con quattro indicatori di riferimento:

  • qualità;
  • produttività;
  • redditività;
  • efficienza. 

Il “peso specifico” di questi fattori varia in base agli accordi aziendali e di base la normativa prevede che siano dimostrabili:

  • il miglioramento delle prestazioni del lavoratore;
  • l’aumento di redditività dell’azienda in confronto al periodo precedente.

È lo stesso articolo 2 del decreto interministeriale del 25 marzo 2016 a fornire maggiori dettagli, specificando che gli incrementi su cui calcolare il premio di risultato possono consistere:

  • nell’aumento di produzione o in risparmi dei fattori lavorativi;
  • nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi.

Quest’ultimo punto è particolarmente interessante perché al suo interno ricadono i casi di riorganizzazione dell’orario di lavoro e il ricorso al lavoro agile o smart working, in un’ottica che punta a riequilibrare il bilanciamento dei tempi dedicati alla vita privata e al lavoro.

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Come viene pagato il premio di risultato?

Sono tre le opzioni con il quale è pagato il premio di risultato:

I buoni sono sostanzialmente dei voucher da riscattare e che si riferiscono a beni e servizi che l’azienda riconosce ai dipendenti. Sono emessi come ulteriore elemento per rafforzare la qualità di vita sia sul luogo di lavoro che in ambito privato, se consideriamo che questi voucher hanno molti scopi d’uso:

  • possono essere di natura previdenziale come contributi economici per l’assistenza sanitaria e servizi di assistenza;
  • possono riguardare la sfera dell’istruzione e della formazione professionale, tanto dei lavoratori stessi così come dei loro familiari, operando anche come supporti all’istruzione e all’educazione (borse di studio);
  • possono essere destinati ad attività che riguardano il tempo libero.

Altri utilizzi dei voucher includono i buoni mensa e gli abbonamenti per i servizi di trasporto. 

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Come viene tassato un premio in busta paga?

Il premio di risultato concorre a formare il reddito da lavoro dipendente e quindi è soggetto a tassazione. La legge italiana ha però disposto un regime agevolato:

  • una prima ragione è da ricercarsi nelle politiche di riduzione del cuneo fiscale per assicurare una disponibilità economica più consistente;
  • una seconda ragione deriva dalla volontà di sostenere e incoraggiare la premialità per i lavoratori.

Come conseguenza di queste scelte, ai premi di risultato in busta paga è applicata una imposta sostitutiva del 5% e non sono soggetti alle aliquote progressive IRPEF. Qualche anno fa, con la Legge di Stabilità 2016, l’unica aliquota contemplata si fermava al 10%.

È stata la Manovra 2023 a ridurre la tassazione, che è scesa al 5% entro il limite complessivo di 4.000 euro di premi (precedentemente la soglia era di 3.000 euro). La tassazione agevolata è riservata ai lavoratori che dichiarano un reddito da lavoro dipendente inferiore agli 80.000 euro annui

Le agevolazioni fiscali richiedono il rispetto di precisi requisiti:

  • l’accordo aziendale deve essere depositato entro 30 giorni dalla sottoscrizione all’Ispettorato territoriale del lavoro o presso la Direzione territoriale del lavoro;
  • il risultato conseguito deve essere misurabile rispetto ad uno precedente per giustificare una tassazione inferiore sul premio in questione.  

I lavoratori, come alternativa ai premi di risultato in busta paga, possono scegliere di usufruire dei fringe benefit, ovvero le prestazioni e i servizi corrisposti dalle aziende in natura o come rimborso spese che hanno una rilevanza sociale. Sono esclusi da tassazione e non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente. 

Sono espressione del welfare aziendale e perché risultino esclusi dal reddito lavorativo devono essere a disposizione della generalità dei lavoratori o comunque a categorie omogenee. In caso contrario, l’offerta indirizzo ad un singolo lavoratore determina un trattamento ad personam: finirebbero quindi per essere sottoposti a un regime fiscale e previdenziale ordinario. 

Restano i limiti sopra indicati di 4.000 euro per i premi e di 80.000 euro per il reddito del lavoratore. Si possono superare solo in determinati casi (assistenza sanitaria e previdenza complementare). 

Aldo Agostinelli