Aldo Agostinelli

La case history è uno strumento di marketing di grande impatto che consiste nel racconto di un caso di successo aziendale concreto: un modo per attirare e fidelizzare nuovi clienti

La case history è la storia di un caso di successo aziendale. Si tratta di uno strumento di digital marketing molto efficace, specialmente nel b2b (ma non solo). Raccontare una storia concreta, dal punto di vista del cliente, offre a nuovi e potenziali clienti elementi reali e verificabili sui quali basarsi. Tra i diversi strumenti di marketing è uno di quelli che permette di ottenere più facilmente la fiducia degli utenti.  D’altronde, è un po’ come quando un conoscente ci parla di un’esperienza positiva con un’azienda, un ristorante oppure altri prodotti o servizi. La sua testimonianza vale molto più di ogni tentativo dell’azienda stessa di convincerci a fidarci. Vediamo dunque come scrivere una case history e come utilizzarla.

Che cos’è la case history

La case history o case study può essere considerata uno degli strumenti chiave del content marketing. Si tratta di un racconto, pubblicato solitamente sul sito web dell’azienda (in alcuni casi stampato anche in formato cartaceo) di un caso di successo aziendale. Non è in nessun caso un articolo autocelebrativo: sono i fatti a parlare, e il punto di vista è sempre quello del cliente. Chiaramente, dalla storia sono le competenze specifiche dell’azienda ad emergere. Grazie alle quali il cliente è soddisfatto e ha ottenuto un ottimo risultato. Le storie di successo possono essere raccontati in molti modi. La case history deve essere però sempre coinvolgente e interessante, fornire informazioni concrete ma non essere troppo tecnica.

Come scriverla

Per scrivere una case history è utile possedere le basi dello storytelling. Anche un approccio giornalistico può rivelarsi utile, perché buona norma è seguire la regola delle 5W (Who, What, When, Where, Why). Tra le diverse storie di successo, è vantaggioso scegliere quelle relative a clienti o brand noti. In questo modo il contenuto assume maggiore forza. Tuttavia, è sempre il contenuto a fare la differenza. La storia deve seguire un’evoluzione. Si parte da un bisogno, si prosegue con l’attività svolta, che solitamente comporta la risoluzione di un determinato problema, e si conclude con i risultati raggiunti.

È facile, in questo modo, che un potenziale cliente si identifichi con le sfide e i problemi iniziali e trovi un riscontro positivo nell’approccio alla soluzione del problema. Nell’esporre i risultati, è importante fornire numeri e dati chiari e misurabili, magari con il supporto visivo di grafici, immagini, video e mappe. Dopodiché i dati vanno spiegati, mettendo in luce le strategie proposte dall’azienda al cliente per raggiungere l’obiettivo. Infine, dove deve essere pubblicata la case history? Sicuramente sul sito web o blog aziendale. Ma può anche essere rilanciata sui social network, tramite newsletter o su altre piattaforme.

I consigli per una case history efficace

Il primo consiglio per realizzare una buona case history è quello di usare un linguaggio semplice e chiaro. Anche nel caso in cui l’azienda operi in un settore molto tecnico: non è detto che tutti possano comprendere alcuni termini, e l’obiettivo è quello di raggiungere il pubblico più ampio possibile. Un altro errore da evitare è l’utilizzo di un linguaggio pomposo ed enfatico: siate lineari e informativi, sono i fatti a dover parlare.

Per la stessa ragione, bisogna evitare ogni deriva autoreferenziale o esaltazione delle virtù aziendali. Al contrario, possono essere molto incisivi dei virgolettati del cliente. Fate parlare lui in prima persona: sarà molto più convincente, rispetto ad una rielaborazione da parte dell’azienda. Infine, scegliete un titolo accattivante e un sottotitolo che renda l’idea di quello di cui si parlerà nel testo. Pur scegliendo un linguaggio “pulito”, dovete cercare di incuriosire il lettore e di invogliarlo a proseguire. In fondo al testo non dimenticate di aggiungere una call to action e tutti i riferimenti aziendali per un rapido contatto.

Aldo Agostinelli