Aldo Agostinelli

I branded content sono contenuti che veicolano un marchio senza parlarne in modo esplicito. Materiali informativi che intercettano l’interesse degli utenti, fidelizzando i clienti ed ampliando il pubblico di riferimento. Ecco come realizzarli e inserirli nella propria strategia di marketing

I messaggi pubblicitari non hanno più l’efficacia di un tempo. Un semplice spot, focalizzato sul prodotto o sul brand, difficilmente attrae l’attenzione e resta impresso nella mente degli utenti. Specialmente se parliamo di una fascia di pubblico giovanile, per la quale la pubblicità tradizionale appartiene decisamente al passato. Fortunatamente, il web e il digital marketing offrono molte altre opportunità per sviluppare contenuti più articolati, in grado di veicolare il brand senza promuoverlo in modo troppo diretto ed esplicito. Una di queste è il branded content: l’attività che consiste nel creare contenuti brandizzati, come articoli o approfondimenti, che parlano del brand in modo indiretto, fornendo informazioni utili e interessanti. Vediamo dunque di capire meglio come realizzare una strategia di branded content marketing.

Definizione di branded content

Cos è il branded content? Il branded content può essere definito come una vera e propria strategia di marketing volta a promuovere un brand e a trovare nuovi clienti, migliorando il product placement. Tuttavia, a differenza di una classica attività promozionale, la produzione di branded content lavora sulla costruzione di un mondo attorno al brand fatto di significati, valori del brand, emozioni, ma anche di informazioni utili per il consumatore. I branded content possono essere articoli, video, inchieste, podcast e altro ancora. Contenuti di stampo tendenzialmente giornalistico realizzati su commissione dell’azienda e pubblicati su un canale dell’azienda stessa. Ad esempio sul suo sito, sui profili social o su siti web creati ad hoc.

Branded content e native advertising

Quest’ultimo dettaglio distingue i branded content dal native advertising: nel contenuto, questi due prodotti si somigliano molto. Tuttavia, il native advertising è collocato in canali esterni all’azienda. Ad esempio – come avviene comunemente – sui siti web di testate giornalistiche. Si tratta di veri e propri articoli che hanno come oggetto un brand o prodotto. I branded content, pur assumendo come abbiamo detto una forma simile, sono collocati sui canali aziendali, o collegati all’azienda. Quindi sono immediatamente riconoscibili.

A questo proposito è importante sottolineare che nel branded content (così come nel native advertising) non c’è alcun tentativo di “mascherare” lo scopo promozionale. L’appartenenza al brand del contenuto deve essere dichiarata ed evidente. Questo non incide sulla sua efficacia, anzi: permette al brand di acquisire autorevolezza e autenticità. Le persone sanno che stanno leggendo un focus informativo realizzato da un marchio, ma fidandosi del marchio stesso proseguono nella lettura o nella fruizione, mantenendo viva l’associazione tra brand e contenuto di valore. Per questo il branded content è così efficace.

Vantaggi del branded content

Grazie al branded content, abbiamo visto che i brand possono acquisire autorevolezza e fidelizzare i clienti. Questa forma di marketing risulta decisamente meno invasiva e fastidiosa della classica pubblicità, quindi può essere utilizzata in modo più esteso. E il ritorno che genera è nettamente superiore, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, perché crea un legame stabile con gli utenti.  Oggi si verifica sempre più di frequente un fenomeno di “cecità” selettiva rispetto ai messaggi pubblicitari: sommerso dalle informazioni, l’utente praticamente evita di vederle. Le ignora ancora prima di averle lette. Il branded content aggira, o meglio ribalta questo meccanismo, puntando tutto sul coinvolgimento e sulla capacità di catturare l’interesse dell’utente. Naturalmente, perché ciò avvenga, è necessario sviluppare contenuti realmente interessanti e di valore, in grado di fornire al lettore informazioni aggiuntive e originali rispetto a quanto già sa.

Esempi di branded content: il caso di “Innesti”

Gli esempi di branded content sono molteplici e sono sotto ai nostri occhi tutti i giorni. Ne scegliamo uno particolarmente ben fatto ed efficace. Si tratta di un sito web, o meglio un vero e proprio e-magazine, realizzato da Caviro, una grande cooperativa vitivinicola. Il progetto editoriale di Caviro si chiama Innesti e, come dichiara nel pay off, racconta storie di sostenibilità.  È suddiviso in quattro macro categorie – natura e ambiente, cibo e dintorni, cultura urbana, stili di vita – che raccolgono approfondimenti, interviste, storie curiose. Ogni numero del magazine è dedicato a un tema. Ed è possibile iscriversi e ricevere una newsletter mensile che raccoglie i nuovi contenuti.

Ogni contenuto è corredato da numerose immagini accuratamente selezionate. Il design è altrettanto curato, chiaro e lineare. Ma soprattutto, ogni contenuto è unico e originale, racconta storie personali collocate in un contesto del quale vengono forniti dati e collegamenti. Gli autori sono giornalisti specializzati nei temi ambientali e professionisti del settore, con interventi di volti noti e nomi autorevoli. Innesti è un progetto ragionato e di spessore. Ha un manifesto che ne spiega valori, visione e obiettivi. Oltre, naturalmente, al legame con l’azienda madre, Caviro, che sulla sostenibilità ha deciso di puntare con decisione. Orientando così il suo target verso un settore ben preciso.

Branded entertainment

Il branded entertainment è un tipo di branded content orientato, come dice il nome, all’intrattenimento. Non tutti i contenuti brandizzati devono infatti assumere una forma editoriale come quella illustrata sopra. Sono esempi di branded entertainment i giochi, i quiz, le mini serie tv realizzate con lo scopo d’intrattenere il pubblico, ma sempre veicolando un messaggio e soprattutto un brand. In questo caso si punta più sul divertimento e sulla piacevolezza che sull’informazione, ma lo scopo è sempre il medesimo. Ad esempio, IBM già 10 anni fa creò un videogioco chiamato CityOne che consentiva agli utenti di simulare diverse attività tipiche dei settori risorse umane e vendite, avvicinando così i potenziali clienti al proprio mondo.

Branded content B2B

In una strategia B2B, il branded content è un ottimo strumento per avvicinare il brand alle persone. Bisogna prima di tutto chiedersi cosa si aspetta un potenziale cliente e quali sono le sue esigenze. E da qui partire per sviluppare una strategia. Infatti, anche nel B2B le emozioni giocano un ruolo importante. I concetti di fiducia e fidelizzazione valgono allo stesso modo anche quando si parla di scambi tra aziende. Anzi, sono forse ancor più fondamentali. Anche perché nel B2C la scelta è davvero ampia, e si può cambiare spesso decisione senza alcun vincolo.

Mentre nel B2C passare da un servizio o prodotto a un altro non è un processo indifferente. Promuovere i valori del marchio tramite il branded content diventa allora un fattore cruciale. Anche in questo caso, gli strumenti su cui puntare sono blog, social media, whitepaper, ebook, video e infografiche. Adattando naturalmente i contenuti al livello di dialogo che si intraprenderebbe con un professionista del settore.

Branded podcast

Uno degli strumenti che sta godendo di maggior successo è il podcast. Per questo sfruttarlo per realizzare dei branded content può rivelarsi un’ottima idea. Il suo punto di forza è il fatto che lo si può ascoltare mentre si svolgono altre attività, ad esempio mentre si guida o si viaggia. Per realizzare un branded podcast bisogna sviluppare uno storytelling, una narrazione pensata per essere fruita solo tramite audio. Lavorando quindi sulle parole, sul tono di voce, sui suoni. Bisogna costruire una vera e propria sceneggiatura. Naturalmente, anche sfruttando questo canale si deve comunque puntare su storie personali, inserendo una molteplicità di voci ed evitando l’autoreferenzialità.

Aldo Agostinelli