Aldo Agostinelli

Contro gli ingorghi, il traffico e il tempo perso in fila ai semafori, Uber sta pensando a un nuovo servizio on demand per il trasporto delle persone. La flotta delle auto, però, non sarebbe composta da normali quattro ruote bensì da automobili elettriche volanti, in grado di decollare e atterrare in verticale come un elicottero, e percorrere chilometri via aria in un terzo del tempo normalmente necessario su strada.

Fantascienza? Assolutamente no. Almeno stando al documento di 99 pagine rilasciato alcuni giorni fa dalla società che, in soli dieci anni, ha stravolto il settore statunitense dei taxi. Come è noto, il core business di Uber consiste nel permettere a privati cittadini di trasformarsi in autisti privati. Uber in pratica fa da tramite tra la domanda e l’offerta di passaggi, guadagnando un tot sulla tariffa di ogni corsa eseguita.

Ed ora Uber – è il caso di dirlo – punta ancora più in alto: il progetto, denominato Elevate, dimostra la volontà della company di trasferire il tutto a un livello superiore alle nostre teste, per aria appunto, e applicare il suo sistema di successo ai piloti di aeromobili.

Da quando la company è passata sotto l’egida di Google, infatti, si è trasformata da organizzazione  dedita alla sharing economy a vera e propria azienda in grado di produrre innovazione.

Guardando alla company nel suo insieme, la società è l’esempio di come una start-up, se ben guidata da un grande gruppo, può diventare una funzionale sezione di Ricerca e Sviluppo, con seri potenziali di margini Da quando la company è passata sotto l’egida di Google, infatti, si è trasformata da organizzazione  dedita alla sharing economy a vera e propria azienda in grado di produrre innovazione. Prima entrando nel settore dell’automotive, poi indirizzandosi con decisione verso il campo delle auto elettriche senza guidatore a bordo ed ora focalizzandosi sugli aerotaxi. Il tutto continuando comunque a registrare dati sugli spostamenti degli utenti degli unici due (diffusissimi) servizi che mette a disposizione, la piattaforma di sharing per noleggi con conducente e quella per tassisti fai-da-te – vietata in Italia e in gran parte d’Europa – che Google un giorno utilizzerà per offrire nuovi altri servizi innovativi che quasi sicuramente cancelleranno la figura dell’autista.

Aldo Agostinelli
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Il vero scoglio alla realizzazione dell’ambizioso piano di Uber Elevate non è la messa a punto delle auto volanti, sulle quali, per altro, mezza Silicon Valley è già al lavoro da tempo, ma il superamento di alcuni ovvi problemi infrastrutturali, normativi  e tecnico-burocratici. Dal regolamento del traffico dei futuri aeromobili alle norme sulla sicurezza dei passeggeri, fino ai luoghi preposti all’atterraggio e decollo.

Per il resto le tecnologie ci sono e, in scala, stanno mostrando già tutto il loro potenziale. Basti pensare a quello che sono capaci di fare i droni e a quanto sia facile oggi pilotarli oppure alle batterie elettriche a lunga durata delle automobili, che vediamo ormai ogni giorno circolare in città.

Per il resto le tecnologie ci sono e, in scala, stanno mostrando già tutto il loro potenziale.

A differenza dell’Europa, poi, c’è da dire gli Stati Uniti sono il terreno più propizio in cui un piano del genere può prendere forma e vita. Non solo per via di una legislazione agile e aperta ai cambiamenti, ma anche per una questione di meri spazi fisici, che si traduce in enormi distanze da coprire. Facebook, per esempio, è nato in risposta alla necessità delle persone di tenersi in contatto con amici, parenti o figli in università lontane, divisi da casa anche cinque stati e due fusi orari diversi; Linkedin, invece, per permettere di trovare persone validamente referenziate  ovunque si trovino nei cinquanta Stati dell’Unione. Ed ora è la volta di Uber, che cerca di dare risposta all’esigenza di coprire queste distanze per spostarsi fisicamente.

E lo fa sul serio. Al punto di entrare nel dettaglio dei componenti della flotta Uber Elevate. Per la realizzazione dei mezzi, la company sta optando per aeroveicoli leggeri ad ala fissa, mossi da sei o più rotori, in grado di sfruttare adeguatamente la carica delle batterie per il trasporto di quattro passeggeri, incluso il pilota. Quanto alle infrastrutture per il decollo e l’atterraggio, Uber potrà contare inizialmente sui 6mila eliporti sparsi per gli Stati Uniti, di cui la maggior parte privati. Una presa per la corrente per la ricarica dell’aeromobile  e via verso un’altra destinazione.

Cosa ne pensate di questo progetto? Vi servireste dei nuovi aeromobili elettrici per gli spostamenti?  Mandatemi i vostri tweet su @AgostinelliAldo o condividete la vostra opinione qui.

Se ti piace questo, ti piacerà il mio blog su sharing economy.

Aldo Agostinelli