La SEO negativa consiste in un insieme di tecniche volte a danneggiare il posizionamento di un sito web e la reputazione di un’azienda o di una persona. Ecco quali sono e come difendersi
La SEO negativa, detta anche black hat, è un insieme di tecniche illecite nei confronti dei concorrenti. Le tecniche di negative SEO sono volte a danneggiare i siti web dei competitors e possono essere davvero dannose. Purtroppo sul web esistono anche questi comportamenti, che nulla hanno a che vedere con operazioni di SEO lecite (white hat), messe in atto semplicemente per migliorare la visibilità del proprio sito web. Un esempio su tutti di negative SEO è l’utilizzo di link spam.
Agli albori del web, questi “trucchetti” erano molto diffusi e molto efficaci. Infatti Google non era ancora così performante ed “attento” come lo è oggi. Adesso, fare SEO negativa non è così facile, ma è comunque possibile. Gli occhi di Google sono in grado di riconoscere questi tentativi illeciti di danneggiamento, ma non sempre, specialmente se i siti presi di mira non sono molto autorevoli e strutturati. Inoltre, esistono purtroppo tecniche davvero alla portata di tutti e difficili da controllare, come quella delle recensioni negative. Vediamo dunque quali sono le principali operazioni di SEO negativa e come difendersi quando se ne cade vittima.
Perché si usa la SEO negativa
La prima ragione per la quale alcune persone mettono in atto azioni di SEO negativa è la riduzione della visibilità dei concorrenti. E’ chiaro infatti che, peggiorando il posizionamento dei siti web dei concorrenti, si scalano posizioni nelle serp dei motori di ricerca. Si tratta di una scorciatoia dannosa e illecita che sostituisce il lavoro, forse più lungo ma dai risultati decisamente più affidabili e duraturi, di SEO sul proprio sito web. Queste attività sono dette “serp bubbling” e possono riguardare un intero sito web o singole pagine.
C’è poi chi mette in pratica la negative SEO per annullare recensioni negative o recuperare situazioni di cattiva reputazione su una persona o su una azienda. Questa attività è detta “search engine reputation management” in quanto si occupa proprio del miglioramento della reputazione attraverso, anche in questo caso, la scorciatoia dell’eliminazione dei pareri negativi. Una terza ragione per la quale può essere messa in atto la SEO negativa riguarda ragioni politiche. Si tratta in questo caso di azioni mirate a danneggiare un avversario o più frequentemente un’azienda. Pensiamo ad esempio a gruppi di ambientalisti che vogliano boicottare una società che ha comportamenti nocivi per l’ambiente.
Tecniche di SEO negativa
Vediamo ora le principali tecniche di negative SEO on site e negative SEO off site. Ricordiamo che queste ultime sono le più diffuse, in quanto è più facile metterle in atto.
Link spam
Questa diffusa attività consiste nell’ “inquinare” il profilo di backlink di un sito web, facendo in modo che un gran numero di link provenienti da siti di scarsa qualità puntino ad esso. Esistono persone che svolgono questo “lavoro” per le aziende, naturalmente a pagamento. Inoltre, di frequente si usano anche, in affiancamento ai link negativi, anchor text connessi allo spam oppure a servizi peculiari del sito preso di mira. Così, quei collegamenti sembreranno tentativi di manipolazione nati da una azione di link building.
SEO negativa con copia di contenuti
Anche questa attività, chiamata anche scraping, è piuttosto diffusa. Consiste semplicemente nel copiare dei contenuti di un sito web su un altro sito. Com’è noto Google non ama i doppioni, dunque potrebbe operare una penalizzazione. Per portare avanti questa pratica in automatico e in modo veloce c’è chi usa i Feed RSS per copiare i contenuti.
False duplicated content
In questo caso non si copiano i contenuti, ma si clona direttamente una pagina web appena pubblicata e la si invia attraverso la sitemap xml ai motori di ricerca. Così verrà attribuita al sito web l’appartenenza dei contenuti e Google la leggerà, appunto, come un duplicato, penalizzandola. Non è una tecnica facile da attuare e richiede un monitoraggio costante.
Recensioni negative
Questa tecnica non è strettamente SEO, è forse più una tecnica di marketing negativo. Consiste nello scrivere false recensioni negative sul profilo Google di un’attività o anche su altri servizi, come TripAdvisor. Questo comportamento causa grossi danni all’azienda, soprattutto per la local SEO. Infatti, la visibilità dell’azienda potrebbe essere limitata su Google Maps. Senza ovviamente dimenticare che le persone potrebbero evitare di scegliere quell’azienda proprio a causa delle recensioni false.
Tattling
Questa azione è piuttosto semplice e non richiede nessuna conoscenza tecnica. Essa infatti consiste nel comunicare a Google che un sito web sta contravvenendo alle sue linee guida. Oppure che sta violando il copyright sui contenuti. Così Google rimuoverà le pagine falsamente incriminate.
Click Fraud e Adsense Banning
Questa tecnica si può utilizzare se il sito web preso di mira fa promozione tramite Google Ads. Consiste semplicemente nel cliccare tantissime volte sull’annuncio, esaurendo così, o portando al limite, il budget giornaliero investito per la pubblicità. Di conseguenza se ne annulla l’efficacia. Simile al Click Fraud è l’Adsense Banning, se il sito web ha annunci su AdSense: cliccandoli tante volte potrebbero essere bannati.
Attacco DDoS (Distributed Denial of Service)
Questa tecnica richiede invece un po’ di pratica e di conoscenze informatiche, dunque non è proprio alla portata di tutti. L’attacco DDoS prevede di riempire un sito web di richieste provenienti da vari punti della rete. In questo modo si sovraccarica il server e il sito, alla fine, diventa irraggiungibile. Si tratta quindi di una tecnica molto “drastica”, capace di far sparire, almeno per un po’, anche siti importanti, come quelli di istituzioni o di grandi aziende.
Hacking di un sito web
Anche qui, siamo nell’ambito di azioni non proprio alla portata di tutti, ma che comunque si verificano molto più spesso di quanto si possa immaginare. Anche perché il facile utilizzo dei CMS rende questa pratica relativamente accessibile. Non a caso, le vittime sono soprattutto i siti sviluppati in WordPress, magari nei quali sono installati plugin non aggiornati. Chi entra nel sito per creare dei danni, potrebbe inserire dei link spam, deindicizzare le pagine, modificare il file .htaccess o il file robots.txt.
Cosa fare per difendersi dalla SEO negativa
Esistono diverse azioni che si possono intraprendere per difendersi dalla SEO negativa. Le divideremo in base ad attività on site e off site. Se avete dubbi o non sapete come comportarvi, è sempre consigliabile rivolgersi ad un professionista del settore.
On site
- Scegliete un hosting valido e sicuro, anche se più costoso della media.
- Aggiornate sempre il vostro sito web, con particolare attenzione ai plugin di WordPress. Inoltre, scegliete solo plugin conosciuti e affidabili e istallate delle applicazioni che rafforzano il sistema di sicurezza.
- Pianificate backup completi periodici.
- Limitate la dimensione degli upload.
- Gestite correttamente le password, rendendole difficili da decriptare.
Off site
- Monitorare il profilo di backlink per evitare link spam. Se sono presenti evidenti pattern spam in grande quantità (centinaia), potete utilizzare la Google Search Console per eliminarli, tramite lo strumento chiamato Disavow Tool.
- Per evitare la copia dei contenuti potete fare poco. Un modo consiste nel rendere più veloce l’indicizzazione dei nuovi contenuti, sempre grazie alla Google Search Console, che permette di segnalarli. Inoltre, evitate di fornire feed RSS completi.
- Gli attacchi DDoS richiedono l’intervento di uno specialista, ma intanto potete usare un firewall e predisporre risorse hardware importanti per fronteggiare eventuali sovraccarichi.
- Infine, in caso di recensioni negative, quello che potete fare è inviare una segnalazione a Google e poi rivolgervi ad un legale.