Aldo Agostinelli

Lo scorso giugno la UE ha condannato Google per abuso di posizione dominante. Nello specifico si è espressa contro la pratica di Big G, di mostrare i risultati di Google Shopping nelle prime posizioni del motore di ricerca. Una politica, giudicata anti competitiva, che è valsa ad Alphabet, società proprietaria del colosso hi-tech, una   multa di 2,42 miliardi di euro. Read it in English

La vicenda sta ora avendo ripercussioni anche negli Stati Uniti. Oltreoceano in tanti si auspicano il ritorno al libero mercato di vecchia memoria. L’idea portante dei favorevoli all’antitrust è che la legge sulla concorrenza, attualmente in vigore in Usa, per come è formulata non riesca a porre un argine allo strapotere di aziende come Facebook, Google e Amazon che, per loro natura e per la natura della rete, tendono al monopolio. E Big G in particolare pare non stia reagendo bene alle critiche che gli vengono mosse.

Il casus belli è stato il licenziamento di Barry Lynn dalla New America Foundation, un noto think tank di Washington, impegnato dal 1999 nello sviluppo di idee innovative per il rinnovo della politica e dell’economia statunitense.

In seguito alla sanzione comminata ad Alphabet dalla Ue, Lynn ha pubblicato un commento sul sito della Fondazione, invitando il legislatore americano a seguire l’esempio dei colleghi europei contro il cartello di potere formato da Google e dagli altri giganti del settore.

Il punto, però, è che il New America Foundation è finanziato proprio da Google (finora con 21 milioni di dollari) e l’episodio ha fatto infuriare Eric Schmidt, presidente di Alphabet, che ha prontamente chiesto la testa di Barry Lynn e del suo team di lavoro alla sezione Open Markets, che si occupa di concorrenza di mercato e monopoli. Ottenendola (Google Critic Ousted From Think Tank Funded by the Tech Giant).

L’effetto boomerang non ha tardato ad arrivare: privato del lavoro, il gruppo ha fondato l’organizzazione nonprofit – dall’orientamento economico inequivocabile – Citizens Against Monopoly.

<<Quanto è accaduto è importante, perché dimostra che il potere monopolistico, e Google stesso, sono una minaccia per la libertà di pensiero e la circolazione delle idee su cui si fonda la nostra democrazia>> ha dichiarato all’Huffington Post Matt Stoller, tra i liquidati dalla Fondazione e membro della nuova nonprofit.

Stoller e i suoi colleghi ritengono che la concentrazione di potere del mercato sia al centro dei numerosi problemi politici dell’America odierna e l’unica soluzione è un ritorno alla tradizione del XX secolo, quando si cercava di tutelare non solo l’interesse dei consumatori nel breve termine ma, a lungo termine, anche le piccole imprese e i posti di lavoro (Criticizing Google may have cost these scholars their jobs, but they’re only getting started

).

Contro la censura e lo strapotere dei monopolisti hi-tech, Citizen Against Monopoly ha lanciato una raccolta di firme globale per chiedere a Google di “smettere di soffocare la libertà di parola e la ricerca libera sui monopoli aziendali”, esortando i cittadini di tutto il mondo ad unirsi in questa battaglia. La guerra anti monopoli è solo all’inizio.

Le pratiche monopolistiche di Google, Facebook e Amazon rappresentano una minaccia economica e politica? Twittate i vostri commenti @agostinellialdo.

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Aldo Agostinelli