Aldo Agostinelli

Si moltiplicano i warning per Big G: attenzione colosso della ricerca, il tuo impero rischia di crollare come è già accaduto ad altri tuoi pari, un tempo considerati inscalfibili. E se ciò accadesse, per alcuni si tratterebbe dello schianto più spettacolare a cui si sia mai assistito nel mondo hi-tech. Non si tratta di opinioni ma di mettere insieme fatti e numeri e tirare le somme (Google isn’t safe from Yahoo’s fate).

A minare pericolosamente le basi su cui poggia l’impero Google è l’erosione costante e a tratti massiccia delle sue entrate pubblicitarie, ossia il suo vero business. Sin dai primi anni 2000 l’adv è stato l’asse portante della creatura di Page e Brin ma negli ultimi anni le cose hanno iniziato a cambiare rotta. Lo sviluppo di nuove tecnologie e l’affermarsi di nuovi attori sulla scena informatica hanno prodotto un cambio di paradigma: dalla ricerca si è passati alla scoperta (This is How Google will Collapse)

Amazon si conferma il principale avversario di Google. Il più temibile e insidioso. Come ho avuto modo di approfondire in “Chi ha paura di Amazon: il titano e-com punta al paid search”, l’azienda di commercio elettronico si è evoluta, diventando un motore di ricerca, cui ci si rivolge saltando del tutto i search engine tradizionali.

Ma la piattaforma di Bezos non è la sola insidia. Una minaccia equivalente è rappresentata dall’adblocking. La possibilità di bloccare gli annunci pubblicitari data agli utenti, sia mobili che fissi, ha calato una pesante scure sulle revenue. La prima ad agire in tal senso è stata la Apple: nel 2015 ha introdotto nel suo sistema operativo per iPad e iPhone una funzionalità che consente di silenziare del tutto banner e annunci (Troppa pubblicità fa male, parola di Apple).

Peccato che da iOS mobile dipendevano il 75% delle entrate da ricerca on the go di Big G. Un gran brutto colpo economico. Soprattutto è apparso evidente un dato forse volutamente ignorato in precedenza: gli utenti detestano l’adv on line. Non tutti e non tutto ovviamente ma, secondo Statista, solo negli Stati Uniti il blocco adv nel 2018 sarà adottato dal 30.1% dei navigatori. I più inclini al blocco sono i Millennials e i giovani, insieme un  target di fascia 18-35 su cui più volte ho richiamato l’attenzione: hanno disponibilità di spesa ma la impiegano in modi diversi dai loro genitori. Per fare un esempio, l’auto non è considerata un bene indispensabile mentre viaggiare sì (per approfondire leggi “Mercato e Millennials: la soluzione arriva dalla Blockchain).

E Google? Ha provato a reagire. Nel 2017 ha annunciato la creazione di un blocco annunci per Chrome ma la tendenza al blocco non è calata. Una via per monetizzare sarebbe YouTube ma la piattaforma video, nonostante il suo miliardo e mezzo di utenti, da sempre stenta sul fronte guadagni ed è alla ricerca di nuove formule per recuperare il gap (in proposito leggi Dalla long tail alla tv, le strategie di YouTube per l’adv). Resta il grande cavallo di battaglia di Big G, l’intelligenza artificiale. Nel 2016 l’ad di Google Sundar Pichai ha preconizzato il prossimo avvento di un assistente virtuale onnipresente a firma Big G. Ma nell’attesa il grande competitor Amazon ha letteralmente abbattuto la concorrenza con Amazon Alexa e il suo Echo campione di vendite (Amazon Alexa è personalizzabile e sbaraglia la concorrenza). Il gigante ora non è più imbattibile.

Ritenete che Google abbia fatto il suo tempo? Mountain View su cosa dovrebbe incentrare i propri sforzi per tornare dominante? Tweettate i vostri commenti a @agostinellialdo.

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Se ti è piaciuto questo post, leggi anche “Digital ADV: è ora d’includere gli utenti nel “value circle”

Aldo Agostinelli