Il copyleft è un sistema di gestione del diritto d’autore che consente a chiunque di diffondere e spesso anche modificare un’opera d’ingegno, purché questa conservi il medesimo status giuridico. L’obiettivo è incentivare la libera circolazione della conoscenza
Il copyleft è un modello di gestione dei diritti d’autore alternativo a quello dominante del copyright. Non è esattamente il suo opposto, nel senso che copyleft, traducibile in modo non letterale in italiano con “permesso d’autore”, non indica l’assenza del diritto d’autore stesso. Piuttosto, mette in atto un sistema di licenze attraverso le quali l’autore determina cosa le persone possono fare e non fare con la sua opera d’ingegno. Si tratta di un sistema in voga prevalentemente sul web, spesso in relazione ai software liberi, ma che si può applicare ad ogni prodotto creativo. Immagini, fotografie, testi, musica, video e molto altro ancora. Il copyleft non è però una semplice sigla, né una formalità. È piuttosto il veicolo di una filosofia che vede nella condivisione della conoscenza il futuro non solo del web, ma dell’evoluzione della società nel suo complesso.
Che cos’è il copyleft?
Il copyleft può essere definito come un sistema di gestione dei diritti d’autore flessibile, basato sulla libertà, sulla condivisione e sulla creatività. L’opposto del principio che guida l’applicazione del copyright, ovvero la ferrea attribuzione di un’opera al suo inventore, con il conseguente divieto per tutti gli altri di farne uso. Il copyleft nasce in ambito informatico, ma si può applicare a diversi contesti, anche se è comunque sul web che trova la sua massima applicazione. L’unico vincolo invalicabile che esso pone è l’obbligo da parte dei fruitori di un’opera di lasciarla sotto lo stesso regime giuridico. In altre parole, facendo un esempio, puoi modificare a tuo piacimento una fotografia altrui sotto licenza copyleft e poi pubblicarla sul tuo blog. Ma anche nella nuova versione questa dovrà restare sotto licenza copyleft. È da questo “circolo virtuoso” che si genera la condivisione della conoscenza.
Chi ha inventato il copyleft?
L’inventore del copyleft è l’informatico e attivista statunitense Richard Stallman, fondatore del progetto GNU. Stallman stava lavorando ad un progetto, che una ditta, la Symbolics, chiese di poter utilizzare. L’autore acconsentì fornendo all’azienda una versione di pubblico dominio della sua opera, che essa ampliò e migliorò. Quando però Stallman chiese di accedere ai miglioramenti che Symbolics aveva apportato al suo programma, l’azienda rifiutò. Così, nel 1984, l’informatico iniziò ad attivarsi per sovvertire comportamenti simili a questo nonché la cultura dominante del software proprietario. La sua intuizione fu di creare una nuova licenza, la GNU appunto (General Public License). La prima di tipo copyleft. “Tutti avranno il permesso di modificare e ridistribuire GNU – scrisse – ma a nessuno sarà permesso di restringere la sua ulteriore ridistribuzione. In poche parole: la modifica proprietaria non è permessa. Voglio essere sicuro che tutte le versioni di GNU rimangano libere”.
Copyright e copyleft
Il copyleft viene talvolta erroneamente identificato con l’assenza del diritto d’autore. In realtà, il copyleft non potrebbe neppure esistere al di fuori del sistema del diritto d’autore. Certo, da un certo punto di vista il copyleft può essere visto come il primo passo per eliminare le leggi sul diritto d’autore. Tuttavia, in un sistema completamente privo di regole anche il software libero sarebbe a rischio e completamente fuori controllo. Chiunque potrebbe “privatizzarlo” e chiuderlo, fermando la strada della libera della diffusione della conoscenza. Quindi, il copyleft ha bisogno di leggi e di un sistema giuridico di riferimento per sopravvivere e per essere necessario. Esso richiede il rispetto di alcune condizioni essenziali alla sua stessa esistenza.
Come funziona il “permesso d’autore”
Un’opera in copyleft può essere utilizzata diffusa e spesso anche modificata liberamente, ma porta sempre con sé i suoi diritti fondamentali, individuati dallo stesso Stallman:
- 0: la libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo
- 1: la libertà di studiare il programma e modificarlo
- 2: la libertà di ridistribuire copie del programma in modo da aiutare il prossimo
- 3: la libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio.
I software open source, ad esempio, garantiscono proprio queste quattro libertà. Che, in concreto, permettono a chiunque una libera gestione di opere dell ingegno senza richieste di permessi e senza alcun pagamento. Vige solo il principio di reciprocità. Chiunque ne usufruisce, deve replicarne il libero accesso.
Licenze Creative Commons
Le licenze Creative Commons si utilizzano quando un autore sceglie di concedere ad altri il diritto di utilizzare o modificare una sua opera. Siamo quindi nel campo del copyleft, ma in più queste licenze indicano con precisione cosa un fruitore può fare o non fare. Spesso, ad esempio, non è possibile utilizzare un’opera per scopi commerciali, pur potendola copiare e modificare. In altri casi la si può diffondere ma non modificare. Di frequente l’autore chiede semplicemente di essere citato. Esistono diversi tipi di licenze CC e a ciascuna di esse è attribuito un simbolo che la identifica.