Aldo Agostinelli

L’ultima ricerca elaborata dall’Interactive Advertising Bureau Italia, dal titolo “Programmatic Advertising in Italia: Scenari Attuali e Trend Futuri”, e condotta su un campione di 98 attori tra Ad Network, Media Agency, Tech Media Agency, Demand Side Platform e Supply Side Platform, punta i fari sulla situazione del digital adv e sulla catena del valore degli investimenti nel nostro Paese.

Iniziamo dai numeri: secondo l’analisi del settore di Technavio, a livello globale il programmatic toccherà gli 84 miliardi di dollari nel 2019, per aumentare a 210 miliardi nel 2022.

Attualmente il modello di vendita della pubblicità elettronica maggiormente utilizzato è il Real Time Bidding. Si tratta di un sistema automatizzato che prevede lo svolgimento di un’asta tra gli inserzionisti e il proprietario di una pagina web. Il sistema si attiva nel momento in cui un utente approda nel sito. In quel momento il proprietario avvisa che un navigatore con determinate caratteristiche è nel suo spazio e scatta l’asta tra gli advertiser (o le media agency che li rappresentano), che vogliono sia visualizzata la propria pubblicità. Ciascun partecipante inserisce l’importo massimo che è disposto a spendere e, una volta identificato il vincitore, l’Ad Server invia al browser dell’utente la pubblicità vincitrice. Il tutto avviene in frazioni di secondo.

Un sistema che, numeri alla mano, evidentemente piace e funziona. Tanto che sui 204 miliardi di dollari di spesa totale mondiale in digital advertising, quasi il 30%, cioè 57 miliardi, è stata realizzata con il programmatic.

Guardando in casa nostra, nell’anno in corso la spesa dell’adv on line ha toccato soglia 3 miliardi di euro, con una quota del 16% destinato al programmatic. Le stime parlano di 102 miliardi di euro entro il 2020, grazie a un balzo di +80%. Certo non siamo ai livelli statunitensi, dove già nel 2016 ne avevano spesi 24, ma è indubbio che sia proprio il programmatic una delle voci più dinamiche e trainanti dell’intero comparto.

Ci si potrà chiedere quale sia allora il problema, riguardo a un quadro decisamente positivo. Per i lati oscuri generali o, comunque da migliorare, rimando a “Programmatic adv: più spesa, meno inserzionisti. Ecco perché”; per la situazione prettamente italiana, invece, riassumerò in una parola: soldi.
Su un investimento di 100 euro, infatti, 60 euro vengono letteralmente mangiati da vari attori e solo 40 euro entrano nelle tasche del publisher, ossia dell’editore. Conti alla mano, è palese che la dispersione di denaro sia eccessiva e non sostenibile nel lungo termine.

Si badi bene che da noi la questione guadagni non è l’unico neo del programmatic. Su entrambi i fronti della domanda e dell’offerta esistono a tutt’oggi diversi punti da risolvere, che vanno dall’esistenza di un duopolio (“Facebook e Google, il duopolio che preoccupa gli advertiser”) che opprime il settore, alla carenza di trasparenza delle metriche, alle frodi alla complessità della tecnologia che non tutti riescono ancora ad usare. Ma il denaro è il tasto dolente che, per ovvi motivi, affligge di più.

Secondo IAB la soluzione è la certificazione evoluta, grazie a un sistema basato sulla Blockchain, in grado di fornire all’investitore la reale consistenza di quanto viene disperso e di quanta pubblicità reale acquista.
Di fatto le nuove piattaforme Blockchain based per il programmatic consentiranno di riprendere il controllo sull’intera filiera del valore e sulle campagne adv, consentendo una migliore ottimizzazione delle strategie di vendita.

I punti a favore delle piattaforme pubblicitarie programmatiche di prossima generazione sono numerosi. Si va dalla sicurezza delle aste, verificabili da tutti gli stakeholder, alla sicurezza dei dati e della privacy; dalla trasparenza dei contratti alla possibilità di inserire in black list gli utenti fraudolenti, riducendo l’attività delle botnet; dalla eliminazione dei costi nascosti alla riduzione di quelli operativi, fino alla creazione di linee di credito, alla velocizzazione dei pagamenti e alla possibilità dei quelli istantanei.

Elementi sufficienti a far sperare che la nuova tecnologia venga introdotta quanto prima in ambito programmatic. E non solo.

Quali sono gli aspetti che vi lasciamo più perplessi del programmatic? Tweettate i vostri commenti a @agostinellialdo.

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Aldo Agostinelli