Aldo Agostinelli

Un’indagine del Financial Times scuote il colosso dell’e-commerce alzando il velo su un fenomeno sempre più diffuso: 5 stelle a un prodotto in cambio di denaro. E l’opportunità di rivendere i beni ottenuti gratis su eBay. Un sistema oscuro e difficile da intercettare: ecco come funziona

In seguito a un’indagine del Financial Times, Amazon ha cancellato ben 20mila recensioni false, scritte cioè dietro compenso da parte dei produttori della merce acquistata. Questo caso ha innalzato il livello d’attenzione sulle recensioni fraudolente e sulle possibilità – attualmente non così efficaci – di monitoraggio e di contrasto al fenomeno, al quale l’impennata di acquisti online, dovuta alle limitazioni imposte dalla pandemia, ha dato una mano (Amazon cancella 20.000 recensioni fake).

Il valore delle recensioni

Quante volte avete fatto affidamento alle recensioni per acquistare un prodotto online? Probabilmente molte. Come ho già avuto modo di spiegare, le recensioni pesano notevolmente sulla credibilità di un brand, incluse quelle negative, specialmente se ben argomentate e seguite da una altrettanto ben motivata risposta da parte dell’azienda. L’importante è che le opinioni siano vere: una gestione intelligente e onesta delle recensioni paga sempre e si rivela proficua per la propria strategia di digital marketing. Al contrario la diffusione di recensioni false fa sì che l’utente perda completamente fiducia, prima di tutto nell’azienda produttrice e, subito dopo, nei siti di e-commerce. Ecco perché questa tendenza sta iniziando a preoccupare colossi dello shopping online del calibro di Amazon (eCommerce: le recensioni aiutano anche se negative).

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L’indagine del Financial Times

Tutto è partito da un certo Justin Fryer, recensore britannico di prodotti su Amazon. Ad agosto Mr Fryer  ha iniziato a lasciare una recensione estremamente positiva ogni quattro ore. In un solo mese il solerte recensore ha così disseminato opinioni sui  prodotti per un valore di 15mila sterline – dagli smartphone agli scooter elettrici fino alle attrezzature da palestra. Prodotti che, stranamente, erano però quasi sempre venduti  da semisconosciute aziende cinesi  Fryer li rivendeva poi su eBay, con un guadagno mensile pari a circa 20mila sterline. Il meccanismo, non tanto difficile da mettere in piedi, era questo: le aziende inviavano a Fryer i prodotti in cambio di ottime recensioni. Lui eseguiva e poi rivendeva gli oggetti ricevuti gratuitamente sulla nota piattaforma di e-commerce. Fryer  ha negato ai giornalisti del Financial Times di essere stato pagato, spiegando inoltre che quanto messo in vendita su eBay era solo materiale inutilizzato e non aperto (e che dunque non avrebbe potuto essere oggetto di una recensione). Tuttavia ha anche immediatamente provveduto a cancellare la cronologia delle recensioni dal  suo profilo Amazon. L’indagine è proseguita evidenziando un simile comportamento da parte di nove dei dieci recensori più attivi nel Regno Unito, per un totale di 20mila opinioni incriminate e rimosse poi da Amazon (Amazon deletes 20,000 reviews after evidence of profits for posts).

Come funziona il “traffico” di recensioni

Le aziende raggiungono i potenziali revisori tramite gruppi sui social network e app di messaggistica. Su Telegram, il FT ha scoperto una serie di chatbot automatizzati, creati per semplificare il processo. I revisori interessati scelgono il prodotto desiderato da un’ampia selezione, lo ordinano e in seguito caricano la loro recensione a cinque stelle per ottenere un rimborso completo. E, a volte, anche  un compenso aggiuntivo Un  metodo  poco rischioso e difficile da tracciare, in assenza di indagini mirate. D’altra parte, la frequenza di recensioni entusiastiche da parte di un gruppo ristretto di utenti è un buon campanello d’allarme. Non a caso, anche le autorità britanniche che vigilano sulla concorrenza nel mercato avevano inviato un indagine già nel  maggio scorso (Amazon e le recensioni false: dettagli di un sistema occulto).

La reazione (tardiva) di Amazon

In seguito allo scoop del quotidiano britannico, Amazon ha dichiarato che l’azienda è impegnata a verificare ogni recensione prima che questa sia pubblicata: ogni settimana nel Regno Unito vengono analizzati oltre 10 milioni di opinioni. Evidentemente, questa azione non è ancora sufficiente, anche se il colosso delle vendite online assicura che le recensioni fasulle non superano in media l’1% del totale. “Vogliamo che i clienti acquistino con fiducia sapendo che le recensioni che leggono sono autentiche e pertinenti”, ha affermato la società, aggiungendo che farà causa a chiunque tenti di violare le sue politicy. La creatura di Bezos, però non è così “innocente”: secondo  il Financial Times era a conoscenza dell’attività sull’account del signor Fryer almeno dall’inizio di agosto, grazie a una segnalazione ai vertici dell’azienda da parte di un utente. E, al di là della cancellazione delle recensioni false, non sembra che si stata ancora messa in atto una vera e propria strategia di contrasto al fenomeno.

Considerando i numeri in costante crescita dell’e-commerce e la molteplicità dei canali attraverso i quali s’incontrano aziende e falsi recensori, sembra che il “commercio” di opinioni fraudolente non sia ancora facilmente controllabile. Probabilmente, al di là delle indagini giornalistiche, solo un’azione congiunta e mirata tra autorità di controllo e big dello shopping online potrà contribuire a fermarlo. La posta in gioco è la fiducia dei consumatori. E, persa quella, allora sì che sarebbero guai per i giganti del retail digitale!

Avete mai sospettato che una recensione su Amazon fosse falsa? Quali indizi la distinguono da una autentica? Tweettate i vostri commenti a @agostinellialdo

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Aldo Agostinelli