Aldo Agostinelli

Il marketing mix è un modello che propone le principali variabili sulle quali l’azienda può agire per massimizzare le vendite e raggiungere la più ampia platea di pubblico. Introdotto negli anni 60, oggi è ancora valido ma deve essere ampliato e attualizzato con l’introduzione degli strumenti digitali

Il marketing mix è l’insieme delle variabili (dette leve) che un’azienda utilizza per raggiungere i propri obiettivi. Si tratta di elementi strategici di marketing sui quali l’azienda può lavorare in modo da ottenere l’esito migliore, intercettando il potenziale cliente e incrementando le vendite. Questo concetto è stato formalizzato per la prima volta dal professore americano Jerome McCarthy nel 1960, che ha definito le famose 4p del marketing mix, corrispondenti alle leve sopra citate. Spesso in realtà si sente parlare delle 4 p di Philip Kotler, perché fu lui a diffondere questo modello su larga scala. Vediamo quindi cos è il marketing mix e come utilizzarlo.

Quali sono le 4 p del marketing?

Le 4 p del marketing mix sono:

  • product (prodotto)
  • price (prezzo)
  • place (canali di distribuzione e punti vendita)
  • promotion (promozione, pubbliche relazioni pubblicità).

Dalla combinazione di questi quattro elementi nasce la strategia di marketing dell’azienda e si determina il suo posizionamento sul mercato. Il marketing mix non è dato una volta per tutte: dipende da diverse variabili, ad esempio dalla propensione all’acquisto dei consumatori, dalla concorrenza, dallo stadio di vita di un prodotto o servizio.

La prima p del marketing mix: Product (prodotto)

Il prodotto deve essere il punto di partenza di tutti i piani di marketing. La definizione del prodotto è già, di per sé, un’attività di marketing, in quanto varia in base ai cambiamenti dei bisogni degli utenti. Ciò significa che il prodotto deve cambiare nel tempo perché tutto cambia: le tecnologie, i canali di distribuzione, la concorrenza, i desideri dei consumatori. Per questo, prima di lanciare un nuovo prodotto è indispensabile effettuare un’approfondita analisi di mercato. Bisogna considerare inoltre che il prodotto non è solo un oggetto che serve a svolgere una funzione. Ogni prodotto porta con sé anche un valore simbolico, dato dal brand aziendale, ma non solo. Alcuni prodotti, ad esempio, rappresentano uno status symbol. Sono quindi molteplici gli aspetti da tenere in considerazione prima di immettere un prodotto nel mercato, ma anche quando è necessario rinnovarlo.

Price (prezzo)

Nella definizione del prezzo di un prodotto concorrono alcuni elementi tecnici, come i costi sostenuti per la produzione, insieme ad altri elementi variabili, come la concorrenza e lo stadio di vita del prodotto. In particolare, bisogna tenere conto del prezzo medio del prodotto o servizio sul mercato, della notorietà e del posizionamento del brand e delle caratteristiche che rendono unico il prodotto. La definizione del prezzo (pricing) richiede una strategia accurata, perché non è detto che un prezzo basso implichi più vendite: potrebbe far percepire il prodotto come un oggetto di scarsa qualità. Dipende dal contesto e dal prodotto: ogni situazione va valutata caso per caso. L’obiettivo è trovare il giusto equilibrio tra il massimo profitto e il potere di acquisto dell’utente, tenendo anche conto della concorrenza: il prezzo deve comunque essere competitivo.

Esistono poi diverse strategie che si può scegliere di attuare per stabilire il prezzo:

  • neutrale: l’azienda tiene i prezzi allo stesso livello di quelli dei concorrenti
  • di penetrazione del mercato: l’azienda stabilisce prezzi leggermente più bassi rispetto a quelli dei concorrenti quando deve entrare in un nuovo mercato
  • di scrematura del mercato: l’azienda tiene i prezzi ad un livello più alto nel breve periodo, poi li riduce estendendo la gamma.

Place (distribuzione)

La scelta del canale di distribuzione dipende dal contesto in cui si opera, dall’area geografica di riferimento, dalla tipologia di clienti che si desidera raggiungere. Vendere direttamente, ad esempio, in alcuni casi può essere più vantaggioso rispetto ad una distribuzione tramite intermediari. E viceversa.  Nella scelta degli intermediari, a seconda del prodotto che si propone e del posizionamento del brand, si possono valutare le grandi catene di distribuzione o i piccoli rivenditori. Oggi un altro elemento che non si può ignorare è la vendita online. In questo caso, l’apertura di un e-commerce può andare tranquillamente di pari passo con la vendita presso negozi fisici. Inoltre, bisogna valutare la gestione della logistica: un colosso come Amazon, ad esempio, ha scelto di gestirla in proprio raggiungendo altissimi livelli di efficienza. Ma non è detto che questo sia il modello adatto a tutti i tipi di impresa.

Promotion (promozione e comunicazione)

Nell’ampia categoria della promozione confluiscono tutte le attività volte a far conoscere il brand o un particolare prodotto e ad incrementare il pubblico potenziale. Sono inclusi quindi tutti gli strumenti del digital marketing (content marketing, social media marketing, digital pr, influencer marketing, e-mail marketing e così via) e del marketing tradizionale, come la pubblicità, le sponsorizzazioni, la partecipazione a fiere ed eventi di settore, la realizzazione dei cataloghi. Un lavoro importante va fatto sull’identità e sull’immagine del brand, sui valori di cui si fa portatore e che lo rappresentano.

La quinta p del marketing mix

Ai tempi di McCarthy, non si era ancora soliti porre il consumatore al centro del processo di marketing mix. Oggi si potrebbe quindi aggiungere una quinta p per completare lo schema: le persone. Includendo le persone che fanno parte dell’azienda, e poi i collaboratori, i fornitori e naturalmente i clienti e potenziali tali. Porsi da un punto di vista esterno aiuta ad intercettare i desideri più profondi delle persone, i valori che sono loro cari, in modo da riuscire a rispecchiarli nella propria proposta.

Le 4 c del marketing mix

Nel 1993, Robert F. Lauterborn ha proposto una diversa classificazione, maggiormente orientata al marketing esperienziale. In questo modello, l’attenzione e il punto di vista si spostano dall’impresa al cliente. In questo senso, possiamo considerarla una categorizzazione più attuale, che va nella stessa direzione dell’integrazione precedentemente illustrata. Parliamo quindi non più di 4 p, ma di 4 c:

  • consumer models: l’obiettivo è non tanto realizzare un buon prodotto, quanto soddisfare una determinata categoria di clienti, intercettandone desideri e bisogni
  • cost: i costi che i consumatori devono sostenere per ottenere quel prodotto o servizio: quanto i potenziali clienti sono disposti a spendere?
  • communication: l’equivalente della promozione, ma dal punto di vista dell’utente e della sua esperienza di fruizione; rientra in questo campo il processo di fidelizzazione del cliente, il rapporto di lunga durata e il dialogo che si può stabilire
  • convenience: la modalità più conveniente di acquisto del prodotto non per l’impresa, ma per il cliente.

Il marketing mix oggi

Il modello del marketing mix oggi è ancora utile per le aziende, ma deve essere attualizzato e integrato con altri aspetti. Oltre a spostare come abbiamo visto il punto di vista a quello del consumatore, occorre tenere conto di tutti gli strumenti offerti dal digitale. I quali, comunque, si integrano perfettamente nella P  di promotion: basta allargare l’orizzonte ed aggiornarsi costantemente. I mercati di oggi sono estremamente dinamici, perciò bisogna essere pronti a rispondere a nuove richieste. Il marketing mix serve se si è in grado di comprendere quali leve sono più efficaci nel momento e nel contesto attuale.

Aldo Agostinelli