Dopo il lockdown riaprono i negozi. Ma è un ritorno a una “nuova normalità”. Che richiede un’armonizzazione dell’esperienza fisica e di quella virtuale del commercio. I consigli per coniugare retail digitale e reale e alcune indicazione per il digital marketing.
Ascolta “Fase 2 per il negozio online e offline, come fare?” su Spreaker.Siamo entrati nella fase 2 della pandemia di Covid 19 che ha bloccato il mondo per due mesi. Si tenta di tornare alla normalità o, come dicono gli esperti, alla “nuova normalità”. Perché il virus non è scomparso e il pericolo di ritrovarci alle prese con nuovi picchi di contagio è sempre in agguato.
Adesso, però, è il momento di guardare a questa new normality per cercare di organizzarla. Come tutti sappiamo, il retail fisico è stato uno dei settori maggiormente colpiti. Il nuovo report “Verso il ‘new retail normal’” realizzato da Wavemaker Italia fornisce alcuni dati da tenere in considerazione e suggerisce qualche soluzione per riavviare al meglio le attività.
Fase 1: volano i negozi online
Partiamo dai dati. Da un lato ci sono le comprensibili preoccupazioni delle persone; dall’altro l’evidente cambiamento delle abitudini di acquisto provocato da due mesi di lockdown.
Il 50% degli italiani interpellati intende evitare luoghi affollati, incluso i negozi; il 60 dichiara di voler adottare misure di precauzione e l’intenzione di essere molto cauto prima di entrare in un negozio.
Durante il periodo di chiusura dei negozi, in sole tre settimane è stato registrato un aumento delle vendite on line del 180%. E il 75% degli acquirenti era composto da persone che non avevamo mai comprato prima on line.
Ora, come armonizzare le prime informazioni con le seconde? Molti esercenti, per riuscire a superare il momento di profonda crisi economica e recuperare le vendite perse sul canale fisico, hanno attivato modalità di vendita online a cui i clienti (vecchi ma anche nuovi) si sono abituati. E adesso si trovano alle prese con una doppia questione: rendere sicuro il punto vendita fisico secondo la nuova normativa; continuare ad affiancare l’e-commerce alla modalità tradizionale di vendita.
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Fase 2: aggiornare il negozio su Google Maps
Gli esperti di Wavemaker suggeriscono di risolvere la questione in due momenti distinti. Nel primo puntare alla riapertura del punto vendita fisico, del negozio e, soprattutto, ad una comunicazione alla clientela puntuale e precisa, sia online che offline. Un esempio banale che, ma che tanto banale poi non è: un utente va su Google e digita il nome di un negozio di sua fiducia. È importante che le informazioni riportate sugli orari e i servizi siano precisi. Quindi è bene andare ad aggiornare la scheda di Google Local Business e inserire le indicazioni corrette.
Per il negozio online, non dimenticare social e email
Se si ha una pagina Facebook, non abbandonarla ma continuare a rispondere alle domande degli utenti, fornendo più informazioni esaustive possibili. Utilizzare il CRM per inviare email, sms e push notification per indicare le modalità di riapertura e l’eventuale attivazione di nuovi servizi. Come a dire: se le persone causa chiusura sono traslocate nell’ecommerce, dall’online devono arrivare i messaggi per riportarle (anche) nel negozio fisico.
La barriera fisico/virtuale è caduta: aprire l’e-commerce
Nella seconda fase, occorre provvedere all’armonizzazione dei servizi on e offline. Come evidenziato sopra, il cliente è uscito dal periodo di lockdown cambiato. Si è abituato a meccanismi che magari non aveva mai utilizzato prima, ha modificato il suo comportamento e il modo in cui passa dall’intenzione di acquisto all’acquisto stesso.
Non si può (e non si deve!) tornare indietro ma procedere sulla strada della convergenza fisico-virtuale, continuare a premere sull’acceleratore della digital transformation, prendere sempre più confidenza con il digital marketing. Gli step conquistati – disporre di un e-commerce attivo e funzionante – non devono essere abbandonati ma implementati, in una combinazione che consenta all’utente di passare dal virtuale al reale e viceversa. E che comprenda anche modalità prima non attivate. Per esempio la prenotazione e l’acquisto on line e il ritiro al punto vendita fisico, ora riaperto. Oppure l’acquisto in negozio e la consegna a domicilio. Si tratta di modalità che possono consentire anche ai piccoli negozi di quartiere di incentivare le vendite e sopravvivere alle crisi presenti e future.
L’omnichannel è un diktat
Se, al contrario, non si dispone ancora di un e-commerce, l’esperienza della chiusura da pendemia dovrebbe ormai averne fatto capire a tutti l’importanza. È il momento di dotarsene!
Con una particolare attenzione alla user experience: non tutte le imprese, specie se piccole (pensiamo al negozio di scarpe all’angolo), hanno la possibilità di investire in tecnologie evolute quali la realtà virtuale o la realtà aumentata. Ma tutti, proprio tutti, possono predisporre un canale di vendita digitale chiaro, facile da navigare, con foto prodotto in alta definizione che non sgranano quando si fa zoom, con schede informative dettagliate, con procedimenti di acquisto (il famoso carrello) semplici e funzionali, con registrazioni cliente non obbligatorie (tanto i dati si ottengono lo stesso nel momento delle indicazioni di consegna), banner di offerte e sconti e promozioni bene in vista e veritieri. L’omnichannel non è più un’opzione: nei tempi attuali e a venire è un diktat per la sopravvivenza del retail.
Come è andato il vostro e-commerce durante il lockdown? Lo implementerete? Raccontatemi la vostra esperienza tweettando a @agostinellialdo.
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