Aldo Agostinelli

Le aziende hanno a disposizione uno strumento importante per spiegare quali attività stanno portando avanti per limitare il loro impatto sull’ambiente e contribuire a rendere migliore la società: il bilancio di sostenibilità. Ecco perché è utile e come realizzarlo

Il bilancio di sostenibilità è una rendicontazione non finanziaria delle attività di responsabilità sociale e ambientale d impresa. È esito di un processo portato avanti nel tempo dalle aziende impegnate nel campo della sostenibilità, strettamente legato al concetto di corporate social responsibility – csr. Da non confondere con il bilancio d esercizio, il bilancio di solidarietà è uno strumento di gestione obbligatorio per le aziende che rispondono, come vedremo, a determinati requisiti. Ivi compresi lo stato patrimoniale e il numero di dipendenti. Ma anche se non diventerà obbligatorio per tutti, rappresenta uno strumento di comunicazione importante per tutte le aziende che si adoperano per introdurre dei cambiamenti economici sociali e ambientali nel breve e soprattutto nel lungo periodo. Vediamo quindi di capire meglio che cos’è il bilancio sostenibilità, perché è importante e come realizzarlo.

Che cos’è il bilancio sostenibile

Il bilancio o report di sostenibilità è un documento di carattere non finanziario che le aziende, le imprese, le organizzazioni possono  – e in alcuni casi devono  – redigere periodicamente. Mentre il bilancio di esercizio, oltre ad essere sempre obbligatorio, serve per rendere pubblico lo stato finanziario, le entrate e le uscite di un’azienda, il bilancio di sostenibilità dà conto dell’impatto dell’azienda stessa sull’ambiente, sulla società, sul territorio di riferimento. L’Unione europea lo ha definito, nel 2001, come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche” delle aziende, relativamente alle loro “operazioni commerciali” e nelle loro relazioni con i portatori di interesse.

Il ministero dell’Interno italiano lo ha invece definito, sei anni dopo, come un report in cui un’amministrazione “rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse”, in un determinato periodo, in modo da permettere a diversi interlocutori – cittadini inclusi – di farsi un’opinione sull’operato dell’amministrazione in questione relativamente alla sua “missione istituzionale”. Si intuisce, quindi, il ruolo centrale di questo strumento nella creazione dell’immagine di un’organizzazione e nella sua attività di comunicazione all’esterno.

A cosa serve il bilancio sociale?

Il bilancio di sostenibilità è una dichiarazione non finanziaria che serve a rendere pubblico, accessibile e trasparente l’operato di un’azienda o ente in tutte le sue sfaccettature, con particolare attenzione alle ricadute sulla collettività. A differenza del bilancio di esercizio, esso tiene quindi conto delle esternalità. Ovvero, l’insieme degli effetti esterni legati ad un’attività produttiva. A chi si rivolge, dunque? A diversi soggetti. Ai cittadini, agli stakeholder, quindi ai fornitori, ai dipendenti, alle istituzioni, agli enti internazionali e agli enti di certificazione ambientale o sociale. In alcuni casi il bilancio di sostenibilità risponde ad un’esigenza legislativa.

In tutti i casi risponde alla necessità di ogni azienda di acquisire autorevolezza e prestigio all’esterno. Mostrare un report di sostenibilità significa essere sicuri del proprio operato e dell’attività aziendale, dimostrandosi responsabili e consapevoli del proprio ruolo nella società. Il ritorno d’immagine può essere molto rilevante, dunque questo documento non va considerato un’incombenza di cui liberarsi rapidamente, ma un’opportunità strategica da sfruttare al meglio.

Chi è obbligato a redigere il bilancio sociale?

Alcune aziende sono tenute a redigere per legge il bilancio di sostenibilità. Quali? Lo indica la direttiva europea numero 95 del 2014 (2014/95/UE), accolta alla fine del 2016 da parte del Parlamento europeo e del Consiglio europeo. Questa norma rende obbligatorio il sustainability reporting per tutte le “imprese di grandi dimensioni” che rappresentano enti di interesse pubblico “che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni”. In tutti i casi, le realtà interessate dall’obbligo devono avere un numero di dipendenti superiore a 500. Non solo. Devono anche essere dotate di un patrimonio superiore ai 20 milioni di euro. Oppure, in alternativa, guadagnare più di 40 milioni di euro da vendite e prestazioni. Inoltre, il bilancio di sostenibilità è obbligatorio per gli Enti del Terzo Settore (ETS).

Come si fa il bilancio di sostenibilità?

Anche se non esiste un modello unico da seguire, né un obbligo nella redazione del report, la maggior parte delle aziende segue le linee guida del Global Reporting Initiative. Il GRI è nato proprio con l’obiettivo di guidare le aziende nella comunicazione del loro impatto ambientale e sociale. Le direttive riguardano tanto i processi quanto il contenuto, e si adattano a diverse tipologie di organizzazione. Il contenuto cambia in base allo scopo e al settore, ma presenta degli aspetti comuni a tutti. Vediamone alcuni:

  • lettera agli stakeholder redatta dai vertici d’impresa
  • processo di engagement
  • analisi di materialità
  • mission aziendale e valori
  • organizzazione interna
  • informazioni sulla struttura e sulla governance
  • strategia di sostenibilità e di comunicazione
  • interventi sul territorio dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

Chiaramente ogni azienda sceglierà le tematiche più rilevanti sulle quali puntare, in base al settore in cui opera e al contesto di riferimento. Altrettanto importante è la trasparenza nel trasmettere informazioni e dati, così come la chiarezza nel modo in cui vengono spiegati. Il bilancio deve essere aggiornato annualmente e curato in ogni dettaglio.

I sei step del GRI

Entriamo più nel dettaglio delle linee guida dettate dal Global Reporting Initiative. Il documento prevede infatti sei fasi per la redazione del bilancio di sostenibilità. Vediamo quali sono.

  1. Mappatura degli stakeholder: quali sono le figure chiave da coinvolgere nell’analisi degli aspetti di materialità da rendicontare?
  2. Analisi di materialità interna.
  3. Analisi di materialità esterna, da sviluppare attraverso interviste, questionari o colloqui con gli stakeholder, e definizione della matrice di materialità.
  4. Definizione del cruscotto indicatori: definizione degli indicatori di sostenibilità, qualitativi e quantitativi, tramite una descrizione di determinate iniziative.
  5. Raccolta dei dati e sviluppo di informazioni rilevanti a partire dai dati numerici.
  6. Elaborazione dei dati e dei testi, con integrazioni e note di sintesi.

Bilancio di sostenibilità: un po’ di storia

Il primo caso di rendicontazione non economica, con un aspetto sociale, risale addirittura al 1938, con l’azienda tedesca Aeg. Nel 1977, in Francia, venne invece approvata la prima norma che obbligava alla redazione del bilancio di solidarietà le aziende con più di 750 lavoratori. L’anno seguente, il Gruppo Merloni pubblicò in Italia il suo primo bilancio di solidarietà. Fu però un caso isolato. Solo nel 1992 un’altra grande azienda italiana, Ferrovie dello Stato, ne pubblicò un secondo. In quell’anno, non a caso, durante il summit di Rio de Janeiro sull’ambiente venne affrontato per la prima volta il tema dell’impatto ambientale in modo serio e strutturato.

Oggi i temi dell’inquinamento atmosferico, delle emissioni di Co2, del surriscaldamento globale, della deforestazione e della minaccia alla biodiversità sono diventati finalmente patrimonio di tutti, anche se c’è ancora tanto da fare. La consapevolezza sta aumentando rapidamente a tutti i livelli. Le aziende giocano un ruolo importante  e sono tenute, sul piano morale ed etico quando non legale, a rendere conto del comportamento che stanno mettendo in atto.

Aldo Agostinelli