Aldo Agostinelli

Secondo lo studio “Outlook for Data-Driven Marketing 2018”, pubblicato dal Winterberry Group, negli Stati Uniti la previsione di spesa pubblicitaria su video streaming OTT (over-the-top) nel 2019 aumenterà del 20%. Una percentuale che, tradotta in soldoni, porta il totale a 2,6 miliardi di dollari. Una bella cifra, che però diventa subito piccola se paragonata ai 69,2 miliardi di dollari investiti dagli inserzionisti nell’adv televisivo. Se poi la inseriamo nel quadro delle modalità del solo digital advertising, notiamo che lo streaming video OTT registra sì l’incremento più alto del settore, ma resta comunque al penultimo posto, seguito solo dal digital radio adv. Il search, per esempio, racimola una fetta di spesa di oltre 53 miliardi di dollari, il display 34 e il paid social 29.

Eppure gli over the top sono in corsa per erodere sempre più le quote di mercato della televisione. Ed entro il 2022 per Idate Digiworld rappresenteranno un valore complessivo di 130 miliardi di dollari (World TV and video market).
Viene dunque da chiedersi cosa sia a frenare gli investimenti sul fronte pubblicitario. La risposta è tutta contenuta in una parola: metriche.

Dal momento che ogni canale multimediale OTT ha il proprio set di metriche e che gli utenti utilizzano i contenuti OTT su più dispositivi e piattaforme, il collegamento di una campagna OTT richiede grande esperienza e lavoro. Nonostante l’OTT rappresenti il meglio della Tv e del digitale insieme, è difficile tastarne il polso.

In altre parole, quando gli inserzionisti hanno a che fare con la televisione tradizionale, riescono ad ottenere facilmente un panorama completo sulla composizione di chi ha guardato l’annuncio. Mentre con l’Over-the-top faticano di più e riscontrano reali opportunità di inserimenti pubblicitari, solo laddove sono gli utenti a trasmettere i contenuti (Will Ad Measurement Challenges Stifle OTT Growth?).

La qualità e la quantità dei dati prodotti dall’OTT non sono in discussione. In un sondaggio condotto da Advertiser Perceptions, il 58% degli inserzionisti statunitensi interpellati ha affermato che la precisione del targeting è uno dei principali vantaggi della pubblicità OTT. Ma solo il 39% ha citato la precisione delle metriche. Un dato confermato anche dal report “TV is Total Video: Predicting OTT and the Future of Video Advertising”, commissionato da SpotX ed elaborato da Kagan. Ben il 78% degli advertiser ha inserito la misurazione dei dati come la sfida principale nell’adozione della pubblicità audience-based.

La fruizione dei video è in costante aumento, come pure la richiesta di servizi OTT per i propri video da parte degli utenti. Va da sé, quindi, che gli inserzionisti debbano andare là dove vanno gli spettatori. Non è un caso che l’80% di tutti gli intervistati abbia convenuto che le mutevoli abitudini di visualizzazione del pubblico, hanno comportato la necessità di pubblicare i contenuti su più piattaforme, e che il 100% degli inserzionisti ritenga questo aspetto il più grande cambiamento della loro strategia.

Tra interesse degli utenti e il conseguente interesse degli inserzionisti, l’OTT ha davanti un lungo futuro. A questo punto, risolvere la questione delle metriche e rendere la loro misurazione più semplice è un passo obbligato da compiere al più presto.

Cosa ne pensate dell’OTT? Quali pregi e quali difetti gli attribuite? Tweettate i vostri commenti a @agostinellialdo.

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Aldo Agostinelli