Aldo Agostinelli

Il presidente degli Stati Uniti e la Segretaria al Tesoro Yellen proporranno al G20 un piano di tassazione che, per la prima volta nella storia, punta a eliminare i paradisi fiscali coinvolgendo i Paesi di tutto il mondo. Nel mirino le multinazionali che da anni non versano un centesimo al fisco.

“Non si capisce per quale motivo un insegnante debba versare il 22% del proprio reddito in imposte e Amazon zero”. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in un discorso tenuto il 31 marzo, ha riassunto in una frase semplice ed estremamente efficace il succo del provvedimento che la sua amministrazione si appresta a portare al G20. Un nuovo piano di tassazione che rivoluziona le precedenti riforme introdotte da Trump, volto a recuperare risorse pari a ben 2.200 miliardi di dollari. Una più equa redistribuzione delle imposizioni fiscali che colpisce in modo mirato i grandi, abituati ad eludere le tasse con numerosi stratagemmi, e punta ad arginare – nella migliore delle ipotesi ad eliminare – i paradisi fiscali. Con il coinvolgimento di tutte le potenze mondiali (Biden: una “tassa minima globale” per le imprese contro i paradisi fiscali).

Come le grandi società americane sfuggono al fisco

Uno studio condotto dall’Itep, Institute on taxation and economic policy, mostra come le più grandi società americane, pur avendo generato ampi profitti, abbiano versato nelle casse statunitensi imposte pari a zero negli ultimi anni (55 le società individuate nel 2020). Questo significa che ogni anno vengono sottratti al fisco circa 100 miliardi. Oltre alla già citata Amazon, abbiamo Netflix, Starbucks, Nike, FedEx e molte altre. Com’è possibile che ciò accada? Da una parte, le multinazionali scovano cavilli ed escogitano sotterfugi sottilissimi ma a prova di legge per eludere il fisco. Dall’altra, un evergreen: i paradisi fiscali. Olanda, Lussemburgo, Svizzera, Irlanda e Bermuda i preferiti dalle grandi società statunitensi. Apple è in testa alla classifica degli amanti delle destinazioni esotiche, con 246 miliardi di dollari offshore, seguita da Pfizer, Microsoft, General Electric e Ibm (55 Corporations Paid $0 in Federal Taxes on 2020 Profits).

Il piano di Biden e Yellen per recuperare i fondi perduti

L’intervento proposto da Biden e dalla Segretaria al Tesoro Janet Yellen opera su più piani. Il primo è l’aumento sul mercato interno dell’aliquota sui redditi di impresa dal 21% al 28%. Prima del 2017, anno della riforma tributaria voluta da Trump, l’aliquota era al 35%: la si può quindi considerare una via di mezzo sulla quale, disse lo stesso Biden in campagna elettorale, “tutto sommato tutti erano d’accordo”. Poi verrà eliminata l’esenzione tributaria sul 10% dei profitti realizzati dalle multinazionali statunitensi in altri Paesi introdotta da Trump, incrementando il prelievo minimo dal 10,5% al 21%. Il terzo livello – il più complesso da attuare – si muove su scala globale, e prevede l’adozione della stessa misura (prelievo minimo al 21%) da parte di tutti i Paesi: una “global minimum tax” (Yellen Says Tax Plan Recoups $2 Trillion in Overseas Profits).

La tassa minima globale e la web tax

Il meccanismo della “global minimum tax” al 21% prevede una sorta di compensazione. Ad esempio, Facebook, che paga una parte delle tasse in Irlanda, dovrebbe versare nelle casse americane la differenza tra l’aliquota irlandese (12,5%) e quella statunitense (21%). In questo modo le società non avrebbero più interesse a spostare i profitti fuori dai confini nazionali. E non solo negli Stati Uniti. Guardando al nostro Paese, se applicasse la global minimum tax, l’Italia potrebbe recuperare tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari l’anno. Così, però, i giganti del web, nella stragrande maggioranza americani, non lascerebbero nulla negli altri Stati in cui operano. Per risolvere il problema, in alcuni documenti riservati recapitati all’Ocse, Yellen propone di eliminare di fatto la web tax. Un’imposta assai discussa che si trasformerebbe in “un prelievo da applicare non solo ai monopolisti del digitale, ma alle 100 multinazionali con il fatturato mondiale più alto e con un utile pari ad almeno il 10%” (Biden, il piano contro i paradisi fiscali: l’Italia dovrebbe rinunciare a 540 milioni per incassare 9 miliardi).

Dal punto  di vista dei conti dei singoli Paesi, non è chiaro al momento se questo compromesso – global tax al posto della web tax – possa risultare conveniente. Tuttavia, anche se non è la soluzione ideale che farà contenti tutti, la riforma di Biden e Yellen si muove in una direzione di rottura rispetto al passato e rappresenta un provvedimento concreto contro l’evasione fiscale e l’imbarazzante disparità tra chi – i comuni mortali – paga fino all’ultimo centesimo di tasse al proprio Paese, e chi – in virtù di una posizione dominante – accumula patrimoni senza riconoscere nulla allo Stato che gli ha permesso di nascere e prosperare.

La global minimum tax verrà accettata dagli altri Paesi sancendo così la fine della lunga storia dei paradisi fiscali? Tweettate i vostri commenti a @agostinellialdo

LEGGI IL MIO NUOVO LIBRO: “Bling, il lusso del futuro parla Instagram, indossa sneaker e usa l’AI

Se ti è piaciuto questo post, leggi anche Le Big Tech e quei 69 miliardi di euro di tasse eluse

Giulia Foschi