Aldo Agostinelli

Con il termine reshoring si fa riferimento al fenomeno di “rilocalizzazione” delle aziende, ovvero del rientro nel Paese di origine, in seguito ad un processo di delocalizzazione (offshoring). Ecco come funziona e perché se ne sta parlando

Si sente parlare spesso di delocalizzazione, o offshoring. Il reshoring è l’esatto opposto: significa “rilocalizzazione” e consiste nel rientro di un’azienda nel Paese di origine. In seguito, appunto, ad una operazione di offshoring. Il nearshoring  è invece la delocalizzazione un Paese geograficamente vicino al proprio. Il fenomeno del reshoring rappresenta ancora un fenomeno limitato, ma in costante crescita negli ultimi anni. Vediamo perché e in che cosa consiste in pratica.

Cosa si intende per reshoring?

Letteralmente, reshoring significa “stabilire in altro luogo, spostare, localizzare altrove”.  Il reshoring è il rientro di personale o servizi, in precedenza delocalizzati o esternalizzati, nel luogo nel quale si trovavano originariamente. Il reshoring implica un riadattamento delle supply chain locali e un radicale cambio di strategia a livello di catena del valore globale (GVC, Global Value Chain). Ad esempio, la Caterpillar, leader mondiale delle macchine movimento terra, ha fatto rientrare negli Stati Uniti diverse produzioni  precedentemente spostate in Asia allo scopo – come quasi sempre accade – di sfruttare il minore costo del lavoro e delle materie prime.

Perché le aziende scelgono il reshoring

Viste queste premesse, è lecito chiedersi perché un’azienda dovrebbe prendere la decisione di tornare in patria. Dipende intanto dal contesto. Ad esempio, guardando all’Italia, può essere importante per il rafforzamento dell’identità aziendale e del marchio Made in Italy. Specialmente se ci si posiziona in un’alta gamma di prodotti. Non a caso, l’Italia è tra i Paesi che ha fatto rientrare più aziende. Al di là di questo aspetto specifico, sono variabili economiche  – com’è facile immaginare – a dettare questa scelta.

Ad esempio, tra le più diffuse e attuali ricordiamo le oscillazioni del prezzo del petrolio, il calo degli scambi commerciali internazionali, l’incompatibilità tra la lentezza del trasporto via nave e la rapidità del mercato, la crescita delle retribuzioni e del costo della vita anche nei Paesi dell’Asia e dell’Europa dell’Est. Sono queste le circostanze che hanno iniziato a verificarsi in seguito alla pandemia da Covid 19 e, subito dopo, alla guerra in Ucraina, incentivando la graduale diffusione di questo fenomeno.

I dati relativi al fenomeno

Il progetto European Reshoring Monitor riporta che, dal 2011, circa 250 aziende hanno intrapreso iniziative di reshoring in Europa o nel proprio Paese di origine. Di queste, circa 140 hanno completato il processo entro il 2020, creando così 12.840 nuovi posti di lavoro effettivi e potenziali. Va comunque tenuto presente che il reshoring può fare parte di una strategia complessiva più ampia. Per quanto riguarda i settori, il progetto riporta che la maggior parte dei casi di rilocalizzazione fa riferimento al settore manifatturiero (86%). Nel 60% dei casi parliamo di imprese con più di 250 dipendenti. Passiamo ora ai Paesi di origine. I principali, nel contesto europeo, sono:

  • Regno Unito (17%)
  • Italia (15%)
  • Francia (14%)
  • Danimarca (8%)
  • Norvegia (8%)
  • Germania (7%).

Relativamente invece ai Paesi nei quali era avvenuta la delocalizzazione, nel 47% dei casi si resta nell’Area Economica Europea (Polonia, Germania e Bulgaria soprattutto), nel 42% l’offshoring è diretto verso l’Asia, Cina in primo luogo.

Lo stesso progetto, individua le cause del fenomeno nelle seguenti motivazioni:

  • riorganizzazione generale dell’azienda (24%);
  • tempi di consegna (22%);
  • maggiore automazione dei processi nel Paese d’origine (20%)
  • problemi con la qualità (19%)
  • effetto “Made in” legato ai marchi (16%);
  • problemi doganali
  • necessità di evitare la dispersione del know-how
  • incrementare la produzione locale, maggiore protezione della proprietà intellettuale, costi della logistica, prossimità a consumatori (17%)
  • fornitori locali, incremento del costo del lavoro in vari Paesi.
Aldo Agostinelli