Aldo Agostinelli

Lo sviluppo della tecnologia ha raggiunto livelli inimmaginabili fino a poco tempo fa. Uno degli ambiti più sorprendenti è quello dell’intelligenza artificiale. Un mondo che apre possibilità importanti ma che allo stesso tempo dovrà essere gestito con attenzione per la sua portata dirompente.

Quando si parla di intelligenza artificiale si aprono mentalmente scenari futuristici. In realtà, l’intelligenza artificiale fa già parte della nostra vita. Auto senza guidatori, assistenti vocali come Siri o Alexa, suggerimenti per l’acquisto in linea con in nostri gusti che appaiono sui social network. E ancora il riconoscimento del volto, lo smistamento di documenti in base al contenuto, attività automatiche di supporto nelle diagnosi mediche. L’elenco degli esempi è davvero sterminato. Così come gli ambiti in cui le caratteristiche tipiche della intelligenza umana sono state associate da sviluppatori di sistemi ad algoritmi di apprendimento e alla potenza di calcolo di sistemi hardware e software.

Che cos’è l’intelligenza artificiale

Secondo la definizione della Treccani, l’intelligenza artificiale è la “disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali più complessi mediante l’uso di un computer”. Tale ricerca si sviluppa secondo due percorsi – prosegue l’enciclopedia. “Da un lato l’intelligenza artificiale cerca di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana. Dall’altro usa le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi utilizzati dalla mente umana”.

In poche parole, con il termine intelligenza artificiale facciamo riferimento a tutte quelle metodologie che consentono di replicare alcune caratteristiche tipiche della mente umana a sistemi computerizzati (i livelli più avanzati di questa tecnologia si chiamano deep learning). Tra queste possiamo citare le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali. Non soltanto capacità di calcolo, quindi. Ma anche attività sofisticate che vanno dall’intelligenza spaziale a quella sociale, fino a caratteristiche prettamente “umane” legate alla percezione di sé e degli altri.

L’origine della intelligenza artificiale

Il tentativo di riprodurre le abilità umane è iniziato con i primi sviluppi dell’informatica. Nel 1956 l’informatico statunitense John McCarthy organizzò un convegno nel New Hampshire durante il quale coniò il termine “intelligenza artificiale”. Nel corso di questo evento i partecipanti resero noti alcuni software in grado di comportarsi “in modo intelligente”. Ad esempio il Logic Theorist, capace di svolgere e dimostrare teoremi di matematica.

Ai suoi esordi, l’ artificial intelligence si è orientata prevalentemente alla soluzione di problemi di tipo logico. Nel 1957 apparve il programma General problem solver, progettato per simulare il comportamento umano nella soluzione di diversi tipi di problemi. Poi, nel 1959, un programma per la dimostrazione di teoremi di geometria e, subito dopo, uno per l’integrazione simbolica.

Secondo quanto riporta Wikipedia, “Il primo sistema intelligente applicato all’ambito commerciale fu R1, utilizzato dalla Digital Equipment nel 1982. Lo scopo del programma era quello di aiutare a configurare gli ordini per nuovi computer”. Nel 1986, fece risparmiare all’azienda 40 milioni di dollari in un anno. Oggi, come abbiamo anticipato, i sistemi intelligenti sono presenti in ogni campo, anche nelle attività quotidiane, e primeggiano nei giochi. Alcuni programmi hanno “imparato” a giocare a scacchi contro grandi campioni (Deep Blue), altri sono stati impiegati nelle missioni spaziali. Nel 1998 quando la NASA ricorse a un software dal nome Remote Agent pensato proprio per gestire operazioni in ambito spaziale.

Intelligenza artificiale debole e forte

La distinzione delle funzioni che caratterizzano la mente umana ha consentito di generare una classificazione dell’intelligenza artificiale in due principali categorie:

  • Intelligenza artificiale debole (weak AI): sistemi capaci di emulare alcune funzioni cognitive tipiche dell’uomo senza però replicare le sue capacità intellettuali allo stesso modo. Si tratta in particolare di programmi matematici che possono risolvere diversi tipi di problemi e sono in grado di prendere decisioni.
  • Intelligenza Artificiale forte (strong AI): i cosiddetti “sistemi sapienti”, capaci di sviluppare autonomamente la propria intelligenza. Evitando il processo imitativo che caratterizza i precedenti.

Machine Learning: l’apprendimento automatico

Un passaggio fondamentale è avvenuto con la creazione di algoritmi in grado di lavorare sull’esperienza della macchina stessa nel corso del tempo. Una caratteristica, quella di imparare in base al proprio vissuto, profondamente umana. Tramite l’apprendimento automatico (machine learning), una macchina riesce a svolgere anche delle azioni per le quali non è stata programmata in anticipo.

A rendere possibile questo importante sviluppo è il sistema di reti neurali artificiali, un modello matematico teorico ispirato ai neuroni e alle reti neurali umane. Grazie a tale sistema, la macchina sviluppa diverse modalità di reazioni in base all’input ricevuto. Naturalmente, nulla è casuale: ogni azione della macchina è il risultato dell’elaborazione di calcoli che tengono in considerazione tutte le variabili in gioco.

L’apprendimento automatico può essere diviso in tre categorie. Si parla di apprendimento supervisionato, non supervisionato e per rinforzo. Ciò che li distingue è fondamentalmente il contesto in cui la macchina agisce per portare avanti il processo di apprendimento.

  • Nell’apprendimento supervisionato  la macchina deve raggiungere alcuni obiettivi seguendo un relazione tra input e output.
  • Nel caso di apprendimento non supervisionato la macchina compie un passo ulteriore: prende delle decisioni per le quali non era stata programmata.
  • Nell’apprendimento per rinforzo la macchina riesce addirittura ad entrare in relazione con l’ambiente circostante per formulare le sue decisioni e compiere delle azioni.

Marketing e intelligenza artificiale

L’Artificial Intelligence Marketing (AIM) è una disciplina utilizzata nel marketing basata proprio sull’intelligenza artificiale. Alcuni esperti di marketing, utilizzano algoritmi e processi di machine learning con lo scopo di invitare gli utenti a portare a termine una determinata azione. Aggregando e analizzando i dati in un processo apprendimento continuo, è possibile individuare le strategie di marketing più efficaci.

D’altronde, molti professionisti del settore utilizzano l’intelligenza artificiale già da tempo anche nel settore delle vendite. I cosiddetti sistemi esperti sono molto utili quando la vendita di un prodotto o servizio risulta complessa per le diverse variabili che la compongono. Un “configuratore di prodotto” è in grado di semplificarla. DECLARO, per esempio, è un “rule engine” (motore di regole) attraverso il quale il configuratore di prodotto guida l’utente attraverso un percorso corretto e semplificato di scelte e domande.

L’intelligenza artificiale e il mondo della sanità

L’ambito sanitario è uno dei settori in cui l’intelligenza artificiale ha riservato i migliori margini di sviluppo. Intanto, molti sistemi tecnologici in uso come i sistemi vocali hanno già migliorato moltissimo la vita quotidiana ad esempio di persone con disabilità. Ma è soprattutto quando si parla di diagnosi e della cura di tumori e malattie rare che l’intelligenza artificiale apre scenari rivoluzionari per il futuro.

Già oggi sono disponibili sistemi in grado di gestire dati a una velocità che sarebbe irraggiungibile per l’uomo. Accelerando così il processo di diagnosi e indicando i percorsi di cura migliori. Inoltre, gli assistenti virtuali basati sull’ artificial intelligence si stanno diffondendo anche all’interno delle sale operatorie, per velocizzare e ottimizzare il lavoro del personale sanitario.

Anche in una situazione di crisi mai sperimentata prima d’ora come quella della pandemia da Coronavirus, l’intelligenza artificiale sta iniziando a dimostrarsi decisiva. Il Politecnico di Milano ha sperimentato un robot svizzero chiamato YuMi in grado di raddoppiare la capacità di analisi dei test sierologici per il Covid-19. Già nello scorso luglio, invece, L’Ospedale di Vimercate aveva installato, per primo in Europa, una nuova tecnologia per effettuare referti in velocità.

I rischi dell’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è una disciplina che suscita discussioni accese tra ricercatori e nell’opinione pubblica, per via degli aspetti etici implicati nelle sue applicazioni. Dotare la tecnologia della capacità non solo di risolvere problemi, ma anche di prendere decisioni proprio come fanno gli esseri umani, può essere rischioso. Perché, in un futuro neppure troppo lontano, potrebbe comportare la perdita del controllo sulla tecnologia stessa.

Pensiamo all’ apprendimento automatico, al machine learning, ovvero la capacità delle macchine di imparare. Cosa succederebbe se iniziassero a migliorarsi da sole, scegliendo in modo indipendente in che direzione muoversi, verso quali obiettivi orientare le loro azioni?

Entra in gioco il tema della coscienza etica, o morale, che le reti neurali artificiali, per quanto avanzate, non possiedono. O forse potrebbero sviluppare, in un certo senso, in modo assolutamente imprevedibile. Stephen Hawking nel 2014 ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell’intelligenza artificiale, considerandola addirittura “una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità”. Una questione tutta da approfondire, tutt’altro che fantascientifica.

Le regole comunitarie e il lavoro

Anche l’Unione Europea è intervenuta operativamente nel dibattito, elaborando nel 2019 un codice etico con le linee guida sull’utilizzo e lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale. Il documento, predisposto da un gruppo di 52 esperti, si fonda sul principio che l’intelligenza artificiale “debba avere l’uomo al centro ed essere al servizio del bene comune“. Le linee guida toccano temi quali la necessità della supervisione umana, la privacy, la sicurezza informatica, la trasparenza, l’accessibilità e l’assenza di discriminazioni.

Infine, c’è la questione legata al mondo del lavoro. L’intelligenza artificiale rappresenta un valido aiuto, come abbiamo visto ad esempio per il campo medico, o un potenziale flagello per l’occupazione? I robot in grado di svolgere ogni tipo di compito al pari o meglio di noi, prenderanno il nostro posto? Anche in questo caso lo scenario è variabile e imprevedibile, e dipenderà in gran parte dell’uso che l’uomo farà di questa straordinaria innovazione tecnologica.

Aldo Agostinelli