Aldo Agostinelli

Il termine ecoansia si riferisce a un insieme di disturbi psicologici scatenati dalla paura, dalla rabbia, dal senso di colpa e d’impotenza legati ai cambiamenti climatici e agli enormi problemi che affliggono il nostro Pianeta: ecco come riconoscerla e gestirla

Crisi climatica, riscaldamento globale, inquinamento, degrado ambientale, decine di migliaia di specie animali e vegetali a rischio: lo stato di salute del Pianeta non è dei migliori. Una consapevolezza ormai diffusa che, soprattutto tra le persone di giovane età, può causare senso di colpa, ansia e depressione. L’insieme dei disturbi psicologici legati ai problemi ambientali si chiama ecoansia, o ansia climatica. Un neologismo che può essere considerato l’emblema dei nostri tempi. Vediamo di capire meglio di che cosa si tratta, e come affrontarlo.

Cosa vuol dire eco-ansia?

Eco-ansia, o ecoansia, è definita dalla Treccani come “La profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali”. D’altronde, come restare indifferenti di fronte ad una situazione che si è ormai espressa chiaramente in tutta al sua gravità? E della quale, purtroppo, siamo noi umani i diretti responsabili? Alcune persone, specialmente nella fascia compresa tra i 15 e 25 anni, soffrono di depressione, disturbi legati all’ansia, frustrazione e senso d’impotenza poiché si aspettano che il futuro non possa essere che funesto.

Per questa stessa ragione molti giovani scelgono di non avere figli: si parla moltissimo di crisi demografica, ma a questa tendenza contribuisce anche la crisi climatica. Alcuni ragazzi ritengono che sia una scelta irresponsabile mettere al mondo un bambino che crescerà in un ambiente malsano, forse invivibile. Hanno perso la fiducia nel genere umano – sulla base di evidenze assai concrete –  per sperare che la situazione possa migliorare. Ritengono che non sia etico farlo per gli effetti che la vita umana ha sulle risorse del Pianeta, oppure sono bloccati proprio dagli effetti sulla salute mentale che i cambiamenti climatici stanno causando.

C’è poi una condizione forse ancora più grave, o comunque più specifica, che riguarda tutti coloro che hanno vissuto in prima persona un’emergenza causata, direttamente o indirettamente, al riscaldamento globale: alluvioni, incendi, siccità, inondazioni. In questo caso è facile che le persone vivano una condizione, anche molto grave e permanente, di stress post traumatico, ansia legata al timore costante che un evento terribile possa ripetersi, spazzando via tutto. Il problema è che questo timore è tutt’altro che infondato.

I sintomi

L’ansia che insorge a causa del cambiamento climatico e dei problemi legati all’ambiente può manifestarsi attraverso alcuni sintomi:

  • preoccupazione costante riguardo alle questioni ambientali, talvolta intrusiva e difficile da controllare;
  • paura intensa e persistente riguardo al futuro del pianeta e delle generazioni future;
  • senso di colpa per il proprio impatto sull’ambiente, anche se si adottano comportamenti sostenibili;
  • difficoltà a comunicare i propri sentimenti e le proprie preoccupazioni agli altri, specialmente se gli altri non condividono la stessa preoccupazione;
  • difficoltà a gestire situazioni quotidiane e a relazionarsi in famiglia, a scuola, con gli amici, sul lavoro;
  • reazioni di rabbia e nervosismo di fronte a notizie legate al degrado ambientale;
  • solastagia: malinconia, senso di perdita, disorientamento legato ad un luogo specifico in seguito ai cambiamenti che questo sta attraversando o ai rischi che corre;
  • mal di testa, disturbi del sonno, tensione muscolare e altri sintomi somatici legati allo stress.

Non è detto che questi sintomi si presentino tutti insieme; si tratta di un’indicazione di massima, variabile in base a diversi elementi. In particolare, è facile che il disturbo d’ansia legato al clima influisca negativamente su persone che già soffrono di condizioni di fragilità o depressione.

Gli studi sull’ecoansia

Esistono diversi studi sull’effetto dei cambiamenti climatici sulla salute mentale. Nel 2020, Science ha valutato l’impatto dell’ecoansia sulle generazioni più giovani: il 60% degli intervistati (un campione di 10mila persone tra i 16 e i 25 anni) ha dichiarato di sentirsi molto o estremamente preoccupato per i cambiamenti in corso a livello ambientale. Una delle ricerche più ampie realizzate sull’argomento (Lancet, 2021), riporta percentuali più elevate: il 59% degli intervistati risulta molto o estremamente preoccupato e l’84% almeno moderatamente preoccupato.

Anche se i primi studi in materia risalgono al 2007, solo nel 2021 l’American Psychological Association (APA), la principale associazione di psicologi degli Stati Uniti, ha ufficialmente inserito l’ecoansia tra i disturbi psicologici definendola come “una premura verso il cambiamento climatico unita alla preoccupazione per il futuro”.

Un utile testo italiano che approfondisce il fenomeno è “Ecoansia, i cambiamenti climatici tra attivismo e paura” di Matteo Innocenti, medico chirurgo e psichiatra: il volume, dopo aver descritto le principali conseguenze psicologiche del cambiamento climatico, illustra alcune strategie per ridurne gli effetti.

Come affrontare l’ecoansia

In primo luogo è importante sottolineare che, se i disturbi legati all’ecoansia dovessero essere tali da influire in modo evidente sulla propria vita, è necessario rivolgersi ad uno specialista. In generale, per limitarli è consigliabile:

  • informarsi in modo accurato e completo sui problemi ambientali e sui cambiamenti climatici cercando fonti affidabili e imparziali;
  • evitare al contempo la sovraesposizione alle notizie negative e limitare il tempo trascorso sui social media;
  • condividere i propri sentimenti con amici, familiari o professionisti della salute mentale, evitando di isolarsi;
  • prendere misure concrete per ridurre il proprio impatto ambientale;
  • partecipare attivamente a gruppi o organizzazioni locali che si occupano di questioni ambientali: il coinvolgimento attivo e il senso appartenenza a una comunità possono essere determinanti;
  • praticare tecniche di gestione dello stress, come la meditazione, lo yoga e l’attività fisica;
  • dormire a sufficienza e seguire una dieta equilibrata.

Questi sono i comportamenti che ciascuno può mettere in atto per gestire l’ecoansia. È chiaro però che se gli organi decisionali, a livello nazionale e internazionale, esprimessero una politica seria e univoca in materia, sarebbe possibile per tante persone intravedere una speranza per il nostro Pianeta e per le generazioni future, oggi offuscata da poche parole confuse e da limitati e sporadici interventi concreti.

Aldo Agostinelli